Il Long Covid, noto anche come sindrome post-COVID o sequele post-acute da SARS-CoV-2, rappresenta una sfida emergente in ambito pediatrico. Questa condizione è caratterizzata dalla persistenza di sintomi che durano almeno 8-12 settimane dopo l’infezione iniziale, influenzando negativamente la qualità della vita dei giovani pazienti. Sebbene colpisca una percentuale relativamente bassa della popolazione pediatrica esposta al virus, stimata intorno allo 0,5%, il Long Covid può manifestarsi in bambini e adolescenti di tutte le età, con una maggiore incidenza nei soggetti sopra i 10 anni, indipendentemente dalla gravità dell’infezione iniziale.

Recentemente, uno studio condotto dall’Università Cattolica del Sacro Cuore, campus di Roma, in collaborazione con la Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS e l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù IRCCS, ha fatto luce su un aspetto cruciale del Long Covid pediatrico. I ricercatori hanno identificato una “firma proteica” specifica nel plasma dei giovani pazienti affetti da questa condizione. Questa scoperta potrebbe aprire la strada a metodi diagnostici più oggettivi e tempestivi, basati su semplici prelievi di sangue.

Lo studio, pubblicato sulla rivista “Pediatric Research” del gruppo Nature, è stato guidato dal dott. Danilo Buonsenso, ricercatore in Pediatria generale e specialistica presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Cattolica e pediatra presso l’Unità Operativa di Malattie Infettive Pediatriche del Policlinico Gemelli, insieme al dott. Nicola Cotugno dell’Unità Operativa Complessa di Immunologia Clinica e Vaccinologia dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù. Il team di ricerca ha coinvolto anche il dott. Piero Valentini, direttore dell’Unità Operativa di Malattie Infettive Pediatriche del Policlinico Gemelli, e il dott. Paolo Palma, responsabile dell’Unità Operativa Complessa di Immunologia Clinica e Vaccinologia del Bambino Gesù.

Nell’ambito dello studio, i ricercatori hanno analizzato campioni di sangue di 112 giovani di età compresa tra 0 e 19 anni, suddivisi in quattro gruppi:

  • 34 con diagnosi clinica di Long Covid;
  • 32 con infezione acuta da COVID-19;
  • 27 affetti da sindrome infiammatoria multisistemica (MIS-C), una grave reazione iper-infiammatoria che spesso richiede cure intensive;
  • 19 soggetti sani come gruppo di controllo.

Attraverso un’analisi proteomica del plasma, è emerso che i pazienti pediatrici con Long Covid presentavano livelli elevati di specifiche molecole pro-infiammatorie e pro-angiogenetiche, tra cui le chemochine CXCL11, CXCL1, CXCL5, CXCL6, CXCL8, oltre a TNFSF11, OSM e STAMBP1a. Questa “firma proteica” distintiva suggerisce un processo infiammatorio persistente, sia a livello sistemico che delle pareti dei vasi sanguigni (endotelio), similmente a quanto osservato negli adulti affetti da Long Covid.

Un aspetto innovativo dello studio è l’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale (IA) per la diagnosi. I ricercatori hanno sviluppato un modello di IA in grado di analizzare il profilo proteico del plasma e distinguere i pazienti con Long Covid dai soggetti sani o con altre condizioni. Questo modello ha mostrato un’accuratezza del 93%, con una specificità dell’86% e una sensibilità del 97%, indicando un’elevata capacità diagnostica.

La scoperta di questa firma molecolare e l’applicazione dell’IA nella diagnosi rappresentano un passo significativo verso lo sviluppo di test diagnostici più semplici e oggettivi per il Long Covid pediatrico. Attualmente, la diagnosi si basa principalmente sulla valutazione clinica dei sintomi riferiti dai pazienti o dai genitori, un processo che può essere soggettivo e variabile. Un test basato su un prelievo di sangue potrebbe standardizzare e accelerare la diagnosi, consentendo una gestione più tempestiva e mirata dei giovani pazienti affetti.

Di Fantasy