A volte la rinascita personale comincia dove meno te l’aspetti: in un campo, tra fiori, terra e tecnologie che intrecciano naturale e digitale. È la storia di Matteo Bonfanti, che da un momento difficile della sua vita ha trovato una nuova direzione grazie a un progetto che unisce agricoltura, serra, e intelligenza artificiale. Un percorso che è fatto di speranza, di fatica, di apprendimento, ma anche di sogni — dalie e girasoli inclusi — fioriti con l’aiuto di algoritmi, sensori, amore per la vita.
Finisco spesso per pensare che la residenza non sia solo un luogo fisico, ma anche uno stato d’animo. Per Matteo l’ottobre del 2024 è stato quel momento in cui tutto sembrava vacillare: una crisi personale che portava con sé dubbi, stanchezza, responsabilità – una neonata da accudire, una startup che arrancava. Non era terreno fertile per progettare, immaginare, creare qualcosa di nuovo. Eppure è proprio in quel periodo che si avvia un cambiamento, quasi per caso, quasi per destino.
Un amico lo introduce al progetto Kadō, una serra innovativa che sorgerà nei campi di Gariga, una frazione vicino a Podenzano. È un progetto ambizioso non solo per il luogo, ma per la modalità: non si tratta di coltivare fiori come si è sempre fatto, ma di fare in modo che ogni pianta abbia il suo “algoritmo”, che ogni decisione – quando irrigare, quando concimare, che varietà piantare, come modulare la luce – sia accompagnata da dati, da misurazioni, da sensori, da intelligenza artificiale.
Matteo ammette che non sapeva nulla di agricoltura, almeno non in modo professionale: non conosceva le complessità delle serre, i ritmi della semina, le sfumature delle temperature, il controllo dell’umidità, la gestione dell’irrigazione. Ma ha avuto qualcosa che spesso conta più delle competenze iniziali: la curiosità, l’umiltà, la disponibilità a imparare. E soprattutto, un’idea chiara: se la sua competenza era l’IA, allora sapeva che quella tecnologia poteva diventare il ponte tra ciò che non conosceva e ciò che voleva costruire.
Così Matteo inizia a seguire, a registrare, a costruire. Raccoglie dati sulle varietà da coltivare, studia i cicli stagionali, osserva il meteo, annota le condizioni delle piantine, sperimenta con diversi tipi di irrigazione e nutrimento. L’IA diventa un consulente virtuale che non sostituisce, ma assiste: suggerisce, segnala possibili errori, aiuta a prevenire, a intervenire prima che qualcosa vada storto. Ogni pianta – ogni dalia, ogni girasole – diventa quasi una piccola storia, una sfida, un insegnamento.
La serra Kadō non è solo un luogo per coltivare fiori, è un laboratorio “a cielo aperto”. Matteo installa pannelli a infrarossi nel semenzaio per aiutare la germinazione anche durante l’inverno, quando la luce scarsa e le temperature basse possono ostacolare il processo. È come se stesse costruendo, pezzo dopo pezzo, un ecosistema ibrido in cui la natura incontra la tecnologia: luci, sensori, algoritmi, monitoraggio continuo, decisioni basate sui dati.
E l’orizzonte davanti non è statico. Matteo immagina e lavora su futuri miglioramenti: sensori più sofisticati, sistemi di fertirrigazione che rispondono in tempo reale alle condizioni del suolo, sistemi automatizzati che possano ridurre gli sprechi, migliorare l’efficienza, alleggerire il lavoro manuale dove possibile. Non per delegare del tutto, ma per permettere che il lavoro fiorisca — in senso letterale e figurato — con meno resistenza, meno rischio, più serenità.
Quella di Matteo non è solo una storia locale, ma una storia che parla a molti di noi. Parla di cosa succede quando perdiamo la rotta ma non perdiamo la fiducia nella possibilità di cambiare. Parla di come un’idea, un’assistenza tecnologica, un ambiente accogliente possano collaborare per generare bellezza e senso. Parla di come la tecnologia, ben indirizzata, non dia freddezza, ma nuova linfa. E parla di fiori — le dalie, i girasoli — che non sono solo “colture”, ma simboli di rinascita, di forme vive che testimoniano che anche nei periodi più bui possiamo tornare a germogliare.