Nell’intelligenza artificiale, le notizie di acquisizioni e collaborazioni spesso parlano di tecnologie, modelli o infrastrutture. Ma a metà ottobre 2025, un articolo su AI Times ha attirato l’attenzione su una mossa che va invece al cuore dell’intelligenza: l’ingaggio di una mente già adulta nel settore. Meta — il colosso che ha trasformato il social, la realtà virtuale e la ricerca AI — ha reclutato uno dei co-fondatori di Thinking Machines Lab (TML), l’azienda fondata da Mira Murati e il suo partner, per rinforzare il suo impegno nel laboratorio interno di ricerca.
La vicenda ha un sapore quasi poetico: alcuni mesi prima, Meta aveva tentato di acquisire TML nella sua interezza. L’offerta non era andata a buon fine. Ma la strategia alternativa — convincere il co-fondatore a passare dall’altra parte — ha il duplice vantaggio di incorporare capacità tecniche e allo stesso tempo un pezzo di cultura aziendale. Questo tipo di mossa riflette una filosofia più moderna: non è solo il “cosa” che conta, ma “chi” lo costruisce.
Il co-fondatore in questione era una figura centrale in TML. In precedenza aveva lavorato per 11 anni in Meta, poi si era spostato a OpenAI, contribuendo alla reputazione e alle competenze del laboratorio emergente. La sua carriera, che è passata attraverso alcune delle istituzioni più “calde” del mondo AI, racconta quanto sia mobile il talento nel settore. In un comunicato interno, si sarebbe detto che gli era stato offerto un pacchetto retributivo molto generoso: fino a sei anni di lavoro con una cifra che si aggira attorno ai 15 miliardi di dollari (nell’articolo si parla di cifre spurie legate ai media coreani).
È interessante notare la filosofia dietro questa scelta. Meta aveva già provato a rilevare l’intero TML, ma fallendo in quella strada ha utilizzato un “soft takeover” puntando proprio sui talenti chiave. In un settore dove la competizione per cervelli è feroce, tali manovre sono diventate parte integrante della guerra tecnologica: spesso è più facile convincere un individuo, piuttosto che inglobare un’intera società che potrebbe avere visioni e vincoli propri. In aggiunta, un singolo individuo, con la sua visione e la sua rete, può fare da catalizzatore per altre collaborazioni e innovazioni.
Nel contesto più ampio, Meta sta facendo una scelta che riflette i tempi: consolidare una direzione interna forte e centralizzata nella ricerca AI, piuttosto che affidarsi esclusivamente a partnership esterne. Il reclutamento di un volto già noto nella comunità AI serve anche a trasmettere un messaggio: “noi siamo in prima linea”. In parallelo, il laboratorio interno di Meta — che si occupa di modelli, agenti e infrastrutture — può beneficiare di un contributo “di ritorno”, ossia l’esperienza accumulata dall’altra parte, nei progetti di startup e nei contesti più radicali.
Un dato curioso è che il co-fondatore di TML aveva già lavorato in Meta per anni, prima di passare a OpenAI e poi a TML. Questo movimento circolare indica che i legami e le identità professionali nel mondo AI sono fluide; non è rado vedere figure che “ritornano” in ambienti precedenti, ma in nuove vesti. Il ritorno in Meta — questa volta con maggior peso e responsabilità — è un segno che le strutture consolidate cercano sempre più di attirare chi ha provato l’innovazione ai margini.
Non si sa ancora con precisione quali ruoli e progetti verranno affidati al nuovo entrato, ma la logica appare chiara: rafforzare le competenze interne, guidare la ricerca su frontiere più audaci e controllare meglio la direzione dei progetti. Non è un acquisto di tecnologia, ma un investimento umano, e forse è l’elemento che farà la differenza in un’economia dell’innovazione dove l’originalità è il bene più raro.