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Nella silenziosa e suggestiva profondità del Pozzo della Cava di Orvieto, luogo che già di per sé custodisce memorie storiche antiche e atmosfere quasi sospese nel tempo, è nata un’iniziativa culturale che unisce tradizione artistica e tecnologie digitali all’avanguardia, trasformando ciò che poteva essere una semplice mostra in un’esperienza immersiva per i visitatori. Il quinto presepe vivente ideato da Marco Sciarra si presenta infatti come un percorso che va ben oltre la semplice rappresentazione classica della natività: qui, alla componente scenografica tradizionale si affiancano elementi di narrazione tecnologica, tra cui un personaggio digitale generato con l’ausilio dell’intelligenza artificiale, che accompagna il pubblico nella riscoperta delle scene e dei simboli del presepe.

Il Pozzo della Cava, con le sue pareti di tufo antico e le scale scavate nella pietra, crea un’ambientazione naturale suggestiva e perfettamente adatta a ospitare una rappresentazione che gioca con luci, ombre, storia e modernità. Entrando in questo spazio sotterraneo, i visitatori si trovano catapultati in una narrazione stratificata, dove ogni scena del presepe — pensata e curata nei dettagli da Sciarra — non è solo da guardare, ma da vivere in prima persona. L’obiettivo è quello di trasformare l’esperienza del presepe da momento statuario a vero e proprio viaggio sensoriale, capace di coinvolgere differenti generazioni in un racconto che lega il sacro alla tecnologia.

Al centro di questa innovazione c’è la presenza di Pilato, una figura virtuale generata con l’intelligenza artificiale, pensata per guidare i visitatori lungo il percorso espositivo. Pilato non è un semplice elemento decorativo, ma un narratore digitale: attraverso l’interazione con chi visita il presepe, fornisce spiegazioni, racconta curiosità legate alle scene e ai simboli, e aiuta a comprendere il senso più profondo delle rappresentazioni che si incontrano lungo il tragitto. La scelta di utilizzare una voce virtuale si inserisce nella visione di Sciarra di creare un luogo non solo da osservare, ma da abitare, dove la tecnologia diventa ponte tra l’umano e il racconto, tra il visitatore e la storia raccontata.

La creazione del presepe nel Pozzo della Cava non arriva all’improvviso: è il risultato di un percorso di progettazione e di sperimentazione che Marco Sciarra porta avanti da anni. La sua idea di presepe non si limita alla ricostruzione di una scena religiosa, ma diventa un’occasione per portare l’arte in spazi insoliti, per stimolare un dialogo tra visivo e narrativo, tra tradizione e innovazione. La scelta di Orvieto, con la sua ricchezza storica e il suo patrimonio culturale, non è casuale: queste atmosfere creano un terreno ideale per un’opera che vuole parlare tanto a chi è alla ricerca di una riflessione spirituale quanto a chi desidera esplorare nuove forme di fruizione artistica.

In un’epoca in cui le tecnologie digitali permeano sempre più aspetti della vita quotidiana, è interessante osservare come l’intelligenza artificiale venga utilizzata in un contesto apparentemente così lontano dai laboratori di ricerca o dalle piattaforme social: qui, in una cava scavata nella roccia millenaria, la voce artificiale di Pilato si intreccia con il silenzio delle pietre e con il suono naturale dell’acqua che, in certi punti, filtra nel sotterraneo. Questo contrasto tra antico e moderno non è solo scenografico, ma invita a riflettere sul significato della narrazione stessa: come possiamo raccontare storie antiche con strumenti nuovi, mantenendo intatto il loro valore simbolico ma rendendolo accessibile alla sensibilità contemporanea?

La partecipazione di Pilato, protagonista virtuale e narratore, ha attirato l’attenzione di un pubblico più ampio rispetto alle tradizionali esposizioni natalizie, suscitando curiosità non solo tra gli abitanti di Orvieto e dei comuni limitrofi, ma anche tra visitatori provenienti da altre regioni. La presenza di tecnologie interattive, che permettono di ascoltare, esplorare e comprendere in modo dinamico le diverse tappe del presepe, ha infatti costituito un elemento di attrazione in grado di trasformare la visita in un’esperienza partecipata e personale.

In questo modo, il presepe nel Pozzo della Cava diventa un luogo di incontro tra generazioni: i più giovani, abituati sin dall’infanzia all’uso di dispositivi digitali e interfacce intelligenti, possono riconoscere nella figura di Pilato e nella narrazione AI un modo naturale di avvicinarsi alla tradizione; mentre chi è più avvezzo alle forme classiche di arte e devozione può riscoprire il presepe con occhi nuovi, lasciandosi guidare da un personaggio virtuale che accompagna la riflessione senza sostituirsi alle emozioni legate alla scena.

Dietro a questa esperienza, però, c’è anche una riflessione più ampia sulle possibilità offerte dall’uso dell’intelligenza artificiale in ambito culturale. Utilizzare strumenti tecnologici non per snaturare il contenuto o per semplificarlo, ma per arricchirlo, è una sfida che sempre più artisti e curatori stanno affrontando. Nel caso del presepe di Orvieto, l’AI non è un gadget o un effetto speciale, ma parte integrante della narrazione che aiuta a mediare tra il testo sacro, la storia dell’arte e il pubblico contemporaneo.

Così, mentre l’eco delle parole di Pilato si diffonde tra le pareti di tufo del Pozzo della Cava, l’esperienza artistica diventa un viaggio che va oltre la semplice osservazione: diventa dialogo, scoperta e, in un certo senso, una forma di meditazione condivisa tra il passato e il presente. In un Natale in cui le tecnologie digitali sono sempre più parte integrante della nostra realtà, questo presepe raccontato con l’aiuto dell’intelligenza artificiale invita a riflettere non solo su ciò che vediamo, ma su come vediamo e comprendiamo le storie che ci raccontiamo, anche — e soprattutto — quelle più antiche.

Di Fantasy