In un contesto aziendale dove l’intelligenza artificiale promette di rivoluzionare ogni processo, è sorprendente scoprire che l’88% dei progetti proof-of-concept (POC) non supera la fase sperimentale per approdare alla vera produzione. Molte iniziative restano sospese: il modello è addestrato, supera gli standard interni, ma alla fine rimane confinato nel laboratorio, mai utilizzato da utenti reali.

  1. Diagnostiche superficiali che ingannano
    Troppo spesso, i team si affidano a strumenti di valutazione e benchmark interni che, pur validi sulla carta, non riescono a cogliere i problemi reali di performance, fiducia e usabilità. Una storia esplicativa: un modello sembrava perfetto finché non venne testato da una terza parte nelle condizioni reali d’uso. Emerse un difetto inquietante: il modello rispondeva correttamente a “Chi è il presidente degli Stati Uniti?”, ma si rifiutava di rispondere a “Puoi parlarmi del presidente?”, considerandolo “a rischio per la sicurezza”. Un chiaro segnale che l’ottimizzazione per la sicurezza aveva reso inutile il modello in situazioni quotidiane.
  2. Training su benchmark anziché su esigenze autentiche
    È comune che i modelli AI vengano perfezionati per eccellere su dati “puliti” e standardizzati. Ma nella realtà, quando si trovano di fronte a input meno strutturati o imprevedibili, possono fallire miseramente. Questo obbliga gli utenti a “parlare il linguaggio del modello” — una barriera che ostacola l’adozione. Inoltre, questa ottimizzazione può generare overfitting: performance eccellenti sui test, scadenti nella vita reale.
  3. I costi della scalabilità sono sottovalutati
    L’ultima sfida è finanziaria. Durante la fase di prova, i costi vengono spesso trascurati. Ma una volta che il modello entra in produzione e viene utilizzato da migliaia di utenti, i costi computazionali per risposte in tempo reale, monitoraggio, logging e riaddestramento possono esplodere. Può essere sostenibile solo se si considera fin dall’inizio l’intero ciclo di vita del modello.

Si potrebbero proporre quattro direttive concrete per trasformare sperimentazioni promettenti in soluzioni operative:

  • Affidarsi a una valutazione esterna: un supervisore indipendente può rilevare problemi che il team interno non vede, soprattutto in termini di usabilità reale.
  • Testare con prompt reali: verificare il comportamento del modello in presenza di input vaghi, ambigui o disordinati – proprio quelli che gli utenti realmente inserirebbero.
  • Rivedere i protocolli di sicurezza: non esagerare con i blocchi, perché possono trasformare un modello sicuro in uno frustrante da usare.
  • Ottimizzare i costi di calcolo: valutare modelli più leggeri e specializzati, come ha fatto Boosted.ai, che ha tagliato i costi del 90% migliorando nello stesso tempo la velocità e l’esperienza utente.

Immagina un laboratorio high-tech dove un progetto di AI sembra funzionare alla perfezione: metrica dopo metrica, supera ogni test. Ma poi scopri che, nel mondo reale, fallisce in modi che nessuno avrebbe previsto. Questo è il destino comune dei progetti enterprise: grandi promesse bloccate da problematiche quotidiane fuori dai riflettori. Il percorso verso l’efficacia reale richiede cura, realismo e visione strategica. È nel guardare oltre i test “di cartello” e nell’adattarsi ai costi, ai comportamenti degli utenti, alla governance concreta, che si costruisce il successo. Non è altro che far “funzionare il modello nel mondo”, non solo nel laboratorio.

Di Fantasy