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Nel mondo del software, la qualità non è un optional: è ciò che distingue un prodotto che soddisfa gli utenti da uno che delude. Ma garantire quella qualità, tramite il testing e il controllo dei bug, può richiedere molto tempo, molte risorse, e spesso rallentare il ritmo rapido con cui gli sviluppatori vogliono rilasciare nuove versioni. È qui che entra in gioco QASolve AI, startup con base a Boston, che ha deciso di cambiare le regole del gioco nel QA, con l’obiettivo di rendere il testing non solo più automatizzato, ma anche molto più efficiente, senza sacrificare l’affidabilità.

QASolve AI ha presentato una piattaforma di testing software alimentata dall’intelligenza artificiale che punta a ridurre drasticamente il tempo necessario per il QA, prevenire bug costosi e permettere alle aziende di scalare i propri processi di assicurazione della qualità su applicazioni Web, mobili e desktop. Non si tratta solo di uno strumento per i tester, ma di un servizio che integra automazione, auto-riparazione (“self-healing tests”) e interfaccia “no-code”, cioè che non richiede che ogni cambiamento di test venga scritto manualmente come codice.

Fondata da Monty Kothiwale, che ha una lunga esperienza nel campo del software enterprise e del quality engineering, QASolve AI si propone come partner per team che desiderano rilasciare software più velocemente, ma con una qualità che non ceda il passo alla velocità. Il core della proposta è: lasciare che l’IA faccia ciò che può — generare test, mantenerli, reagire ai cambiamenti dell’interfaccia utente — mentre gli esseri umani concentri­no le proprie energie su parti del prodotto che richiedono creatività, progettazione, innovazione.

Tra le promesse più interessanti c’è quella di ridurre il carico di lavoro dei team di QA fino al 70% già nel primo mese, grazie all’automazione predisposta e all’adozione di test che si “autoriparano” quando le interfacce cambiano—una fonte storica di rotture nei test automatizzati tradizionali. Prima, ogni piccolo cambiamento dell’interfaccia utente rischia di mandare in frantumi molti test; con la self-healing, invece, l’idea è che il sistema si adatti in modo più robusto, riducendo il tempo perso in correzioni manuali.

Un altro elemento cruciale è l’interfaccia “no-code” per il testing. Ciò significa che chi non ha competenze profonde di programmazione può definire scenari di test, far partire esecuzioni, analizzare risultati, senza immergersi completamente nel codice. Questo abbassa la barriera all’ingresso per molte imprese che non hanno team QA molto vasti o che vogliono integrare il testing nel flusso di sviluppo senza dover sempre fermarsi.

Inoltre, l’integrazione con strumenti e pratiche già diffusi — come i flussi CI/CD (Continuous Integration / Continuous Delivery) — significa che QASolve può inserirsi nei processi esistenti, senza dover riprogettare tutto dall’inizio. Questo riduce la resistenza al cambiamento e accelera il ritorno sull’investimento (ROI).

Alcuni clienti testimoniano che grazie a QASolve AI sono riusciti a far crescere il numero di test automatizzati da decine a centinaia in un breve periodo. Ad esempio, un’azienda che prima possedeva circa 60 test automatizzati è salita a circa 300 in sole due settimane, integrandoli nel proprio pipeline CI/CD.

Un altro feedback proviene da team che riportano che l’uso della piattaforma ha reso visibili bug che altrimenti sarebbero emersi solo dopo il rilascio, o che sarebbero stati molto più costosi da correggere in seguito. Ridurre questi bug precocemente non è solo questione di evitarsi mal di testa, ma di risparmiare risorse e preservare la reputazione del software.

Nonostante le promesse, ci sono delle sfide reali da considerare. Per esempio, la qualità delle automazioni dipende moltissimo da quanto l’applicazione da testare è “ben strutturata” dal punto di vista dell’UI, dell’architettura, delle modifiche frequenti. Se l’app cambia spesso, con interfacce molto variegate, logiche dinamiche forti, potrebbe essere che anche sistemi con self-healing abbiano difficoltà, o che richiedano un affiancamento umano significativo.

C’è anche la questione dell’affidabilità: ogni sistema automatizzato ha limiti nella capacità di rilevare errori logici, problemi di esperienza utente, bug “di frontiera” che emergono solo in condizioni particolari, edge cases non previsti. L’IA può aiutare molto, ma non può sostituire completamente il giudizio umano, la competenza, l’esperienza, soprattutto in prodotti complessi.

Inoltre, l’integrazione con processi aziendali esistenti può essere logisticamente e culturalmente complicata: occorrono formazione, accettazione da parte dei team, modifiche nei processi DevOps, nella gestione dei rilasci, nel monitoraggio dei risultati. A volte, le simulazioni e i test automatici richiedono ambienti che replicano fedelmente quelli di produzione: se questo non è possibile, qualche differenza inevitabilmente emerge.

Quando si pensa al ciclo di sviluppo software nella sua totalità — progettazione, sviluppo, test, rilascio, manutenzione — il testing è spesso il collo di bottiglia. Ogni errore che emerge tardi può costare molto: bug che scappano in produzione, rollback, patch, perdita di fiducia dell’utente. Strumenti come quelli offerti da QASolve AI permettono non solo di accelerare, ma di spostare il momento del test più vicino allo sviluppo, integrando QA nelle prime fasi del ciclo (ciò che in gergo si chiama “shift left”). Questo può cambiare radicalmente non solo quanto tempo impiega un rilascio, ma anche quanto è stabile, affidabile ed evolvibile il software nel tempo.

Inoltre, per aziende piccole o medie, questa proposta può essere davvero un “game changer”: non avere grandi risorse dedicate al QA non significa dover rinunciare a qualità o dover accettare tempi di rilascio lenti. Se il servizio funziona come promesso, diventa possibile competere con prodotti di livello superiore, almeno sotto il profilo qualitativo.

Di Fantasy