Il 30 novembre 2025 segna i tre anni da quando OpenAI lanciò ChatGPT come “anteprima di ricerca”: un esordio discreto, quasi timido, che però in pochissimi mesi si trasformò in una delle applicazioni più disruptive del nuovo millennio. Secondo un articolo pubblicato da Unite.AI, il successo di ChatGPT ha inaugurato un’era di cambiamento rapida e dirompente, restituendo all’intelligenza artificiale un ruolo centrale non solo nel mondo tecnologico, ma nella società e nel lavoro quotidiano.
Fin dall’inizio, l’adozione è stata da record: nei primi due mesi dall’uscita la piattaforma aveva già raggiunto i 100 milioni di utenti. Oggi, stando ai dati riportati, ChatGPT viene utilizzato da circa 800 milioni di persone ogni settimana — numero che, per rendersene conto, equivale a grossomodo il doppio della base combinata dei suoi cinque principali concorrenti.
Questa crescita non è solo numerica: dietro c’è una trasformazione profonda. ChatGPT non è rimasto confinato a essere un semplice esperimento di laboratorio, ma si è evoluto in un ecosistema — un motore di produttività, creatività, automazione, informazione. Versione dopo versione (da GPT-3.5 a GPT-4, fino alle release più recenti), il sistema ha arricchito le sue capacità: non più solo testo, ma anche immagini, interazioni multimodali, tool di produttività integrati, supporto a compiti complessi.
Sul piano economico e di mercato le ricadute sono state altrettanto impressionanti. La valorizzazione di OpenAI — solo diciotto mesi prima del lancio stimata in 14 miliardi di dollari — oggi colloca l’azienda tra le 20 più influenti al mondo. Il successo di ChatGPT ha avuto un effetto a catena: la domanda di infrastrutture per l’intelligenza artificiale è esplosa, beneficiando aziende specializzate in cloud, chip, piattaforme di sviluppo.
Sul fronte più ampio dell’ecosistema tecnologico, ChatGPT ha rappresentato una pietra miliare: ha reso gli LLM (large language models) accessibili al grande pubblico, permettendo a persone e professionisti di approcciarsi all’AI in modo diretto, pratico, spesso quotidiano. Ha trasformato compiti di routine — scrivere un’email, redigere un testo, fare ricerche, programmare, tradurre — in operazioni veloci, efficienti, talvolta anche creative. Per la prima volta, un’interfaccia conversazionale ha abbattuto le barriere tra “macchina” e “utente comune”.
Eppure, l’anniversario non giunge in un momento di trionfo incondizionato: questo bilancio giunge insieme a un cambiamento di paradigma nell’industria dell’AI. La corsa alla potenza bruta dei modelli lascia spazio a una maggiore attenzione all’efficienza dei sistemi, all’integrazione, alla sostenibilità operativa. Il mercato si sta ridisegnando: non più solo modelli generici e potenti, ma piattaforme robuste, infrastrutture scalabili, soluzioni verticali e specializzate.
Per i lavoratori e le imprese, il cambiamento è già in atto — e in molti casi l’impatto è ambivalente. Da una parte, tutte le opportunità offerte da un “assistente intelligente” capace di velocizzare processi, migliorare produttività, abbattere barriere di codice o linguaggio; dall’altra, crescono le preoccupazioni circa la devalutazione di competenze tradizionali, la possibile sostituzione di ruoli, o la perdita del valore aggiunto umano in alcune mansioni ripetitive. Il futuro, insomma, dipende tanto dalle capacità di adattamento quanto dall’equilibrio che si riuscirà a trovare tra automazione e qualità del lavoro.
La vera importanza di ChatGPT non sta tanto nell’aver creato un software popolare, quanto nell’aver dimostrato che l’intelligenza artificiale — una volta confinata nei laboratori di ricerca — può diventare parte integrante della vita quotidiana, del lavoro, della creatività. Ha abbattuto un muro: quello che separava “ricerca avanzata” da “utilizzo di massa”. Questa diffusione capillare, insieme all’evoluzione tecnologica, al maturare delle infrastrutture e all’interesse di mercati e imprese, fanno del terzo anniversario di ChatGPT non un punto di arrivo, ma un momento chiave di passaggio: verso un’AI che non è più novità, ma motore strutturale del cambiamento.
Il terzo anniversario di ChatGPT non è solo una ricorrenza che riguarda gli Stati Uniti o le grandi aziende tecnologiche: anche in Europa e, più nello specifico, in Italia, l’impatto dell’AI generativa ha assunto un ruolo centrale nelle discussioni politiche, economiche e imprenditoriali (qui l’anniversario cade a febbraio). Il continente, tradizionalmente più attento ai temi della regolazione e della tutela dei cittadini rispetto al mercato nordamericano, ha vissuto questi tre anni come un lungo processo di assestamento, nel tentativo di coniugare innovazione e sicurezza, spinta industriale e garanzie normative.
Il passaggio più simbolico, e anche più discusso, è stato certamente il vararsi dell’AI Act, la prima normativa organica al mondo dedicata alla regolazione dell’intelligenza artificiale. L’ingresso di ChatGPT sulla scena nel 2022 fu uno dei fattori che accelerarono il percorso legislativo europeo, costringendo istituzioni e governi a confrontarsi con uno scenario tecnologico che avanzava a una velocità inedita. Quello che per molti anni era sembrato un tema da futuristi diventava improvvisamente concreto: strumenti capaci di scrivere, generare immagini, rispondere a domande o assistere nei processi decisionali iniziavano a essere usati da studenti, impiegati, professionisti, senza alcuna mediazione. L’Europa ha cercato quindi di mantenere un equilibrio tra apertura e cautela, lasciando margini all’innovazione, ma pretendendo trasparenza e responsabilità.
Accanto alla dimensione normativa c’è quella industriale. Le imprese europee hanno vissuto questi tre anni con una forte sensazione di accelerazione, spesso accompagnata da un timore diffuso di non riuscire a tenere il passo dei colossi americani e cinesi. Tuttavia, proprio la diffusione di ChatGPT ha contribuito a sbloccare un insieme di dinamiche rimaste a lungo ferme: investimenti più consistenti in startup dell’AI, piani nazionali per l’adozione dell’automazione intelligente, strategie di formazione continua. In molti settori — dall’automotive alla manifattura avanzata, dall’energia alla farmaceutica — l’impatto è stato evidente: non più esperimenti isolati, ma progetti strutturati in cui gli LLM vengono integrati nei cicli produttivi, nei flussi informativi e nelle attività di ricerca.
L’Italia si è mossa con un misto di prudenza e curiosità. L’iniziale diffidenza verso ChatGPT, maturata anche a causa dell’intervento temporaneo del Garante Privacy nel 2023, ha lasciato progressivamente spazio a un approccio più pragmatico. Le imprese — soprattutto le PMI, che costituiscono l’ossatura del Paese — hanno iniziato a percepire la possibilità di trasformare l’AI da minaccia astratta a leva concreta di competitività. Settori come moda, turismo, energia, ingegneria e servizi stanno scoprendo con sempre maggiore chiarezza che gli strumenti conversazionali non servono solo a scrivere testi, ma a velocizzare preventivi, automatizzare processi, migliorare la gestione del cliente, supportare decisioni tecniche e persino analizzare dati complessi.
Nel mondo dell’istruzione e della pubblica amministrazione la transizione è più lenta, ma comunque iniziata. Università e centri di ricerca stanno integrando l’AI generativa nei programmi di studio e nei laboratori, mentre gli enti pubblici sperimentano applicazioni per migliorare l’accesso ai servizi, la gestione documentale e la comunicazione con i cittadini. Il divario con altri Paesi resta, soprattutto sul fronte infrastrutturale e delle competenze tecniche diffuse, ma il passo avanti rispetto a tre anni fa è evidente: l’AI non è più percepita come qualcosa di estraneo, ma come parte della normalità lavorativa e organizzativa.
Infine, c’è l’aspetto culturale, forse il più interessante. La diffusione di ChatGPT in Italia ha contribuito a rendere l’intelligenza artificiale un tema “domestico”, non più confinato agli esperti. Molti professionisti che fino a poco tempo fa non avevano mai utilizzato strumenti digitali avanzati oggi considerano l’AI un supporto naturale per attività quotidiane, dal customer care alla scrittura tecnica, dalla generazione di documenti alla ricerca normativa. È una piccola rivoluzione, lenta ma profonda, che nei prossimi anni potrebbe rivelarsi decisiva per colmare parte del gap di produttività che il Paese storicamente sconta.
L’anniversario di ChatGPT, osservato dal punto di vista italiano ed europeo, non è quindi solo il compleanno di una tecnologia, ma il simbolo di un cambiamento collettivo. Ha costretto governi, aziende e cittadini a interrogarsi su competenze, competitività, diritti digitali e futuro del lavoro. Ha aperto possibilità nuove in settori tradizionali e generato un dibattito che, al netto delle incertezze, sta ridefinendo il modo in cui l’Europa immagina il proprio ruolo nell’economia dell’innovazione. Se i primi tre anni sono serviti a comprendere la portata della trasformazione, i prossimi serviranno a decidere come guidarla.
