All’ombra del Monte Grappa, in una valle in cui il profilo dei colli si contorna di natura, e il passato storico si mescola con un presente che vuole guardare al domani, sorge l’Istituto Filippin. È qui, tra Pieve del Grappa e il verde dei 35 ettari di parco che circondano il complesso scolastico, che qualcosa di nuovo prende forma: studenti con lo zaino, ma anche il bagaglio dell’Intelligenza Artificiale, quella che non serve solo a insegnare informatica, ma a educare alla responsabilità, all’etica, al senso del futuro.
Quando suona la prima campanella dell’anno a Filippin, non è solo l’orario a segnare l’inizio delle lezioni: è l’inizio di un’esperimento educativo che è frutto di dodici anni di studio, progettazione, riflessione. La scuola ha scelto modello internazionale — “a stelle e strisce”, dicono — che non mira a replicare semplicemente un altro sistema, ma a coniugare tre ingredienti in modo nuovo: spazi che cambiano, modalità didattiche fluide, strumenti tecnologici e intellettuali che aiutano a costruire cittadini consapevoli del loro tempo.
Ogni giorni gli studenti non restano “stazionari”: cambiano aula, si spostano, esplorano ambienti diversi. Spazi polifunzionali, laboratori avanzati, alloggi per studenti, camere che diventano luogo di studio o riflessione, ma anche di vita comunitaria. Non è solo insegnamento frontale, ma collaborazione, autonomia, responsabilità. L’obiettivo è che la tecnologia — l’IA — non resti un oggetto esterno, ma venga integrata nelle attività, nella progettazione, nella curiosità critica degli studenti.
Il dirigente Sileno Rampado parla con passione di come, accanto a strumenti informatici comuni (Office, software per condividere lavoro, gestione di team a distanza), si stia preparando il terreno perché già a partire dall’anno scolastico 2026‐2027 l’IA diventi materia di studio vera e propria. Non solo codici e programmazione, ma anche riflessione sull’impatto che questi strumenti possono avere. Cosa vuol dire etica in un mondo in cui le macchine “pensano”? Come garantire che l’IA non sia solo efficiente, ma anche giusta? Sono domande che Filippin vuole mettere al centro.
Ma questa scuola non è un’isola: è parte di una rete mondiale lasalliana che comprende quasi mille scuole e decine di università. È immersa in una zona che respira natura, che ha vista sulle colline, boschi, borghi; è un luogo dove lo spazio fisico si intreccia con il progetto educativo, dove la bellezza del paesaggio e la cura dell’ambiente diventano scenari concreti in cui crescere. Il parco, le aree verdi, i laboratori, gli spazi di aggregazione, gli hackathon, i progetti di rigenerazione urbana: tutto concorre a formare non solo studenti competenti, ma persone che si sentono parte del proprio territorio.
Tra questi progetti c’è “Borghi Invisibili”, che mette in contatto piccole comunità dell’entroterra con idee, tecnologie, rigenerazione, gemelli digitali e valorizzazione dell’identità locale. È un ponte fra ciò che si è (piccoli borghi, tradizione, legame con il paesaggio) e ciò che si può diventare (innovazione, collaborazione, sostenibilità). È la scuola che emerge dal borgo, che non dimentica le radici mentre guarda avanti.