L’attenzione delle autorità europee di regolamentazione si è concentrata nuovamente sul colosso tecnologico Meta, innescando un’indagine formale di natura antitrust che pone al centro della discussione l’integrazione, ritenuta potenzialmente problematica, del suo servizio di intelligenza artificiale, noto come Meta AI, all’interno della piattaforma di messaggistica istantanea WhatsApp. Questa mossa della Commissione Europea riflette una crescente vigilanza nei confronti delle pratiche delle grandi aziende del settore, specialmente in un momento di rapida evoluzione del mercato dell’Intelligenza Artificiale.

Il cuore della preoccupazione espressa dall’esecutivo europeo risiede nella politica recentemente adottata da Meta, che, secondo gli inquirenti, potrebbe configurare un abuso della sua posizione dominante. WhatsApp, con la sua penetrazione capillare e miliardi di utenti attivi a livello globale, e in particolare all’interno dello Spazio Economico Europeo (SEE), rappresenta un canale di comunicazione e accesso al mercato di importanza strategica. Il timore è che Meta stia sfruttando questa base utente massiva per ostacolare la concorrenza. Nello specifico, la Commissione sta valutando se la nuova politica aziendale di Meta possa impedire ai fornitori di servizi di intelligenza artificiale di terze parti di offrire i propri prodotti e servizi direttamente attraverso WhatsApp, limitando di fatto l’accesso al mercato e privilegiando in modo ingiusto il proprio assistente virtuale, Meta AI.

L’indagine, per sua natura, mira a verificare se le azioni del gruppo di Mark Zuckerberg contravvengano alle severe norme comunitarie che vietano le intese e l’abuso di posizione dominante. L’accusa non è di poco conto: se confermata, significherebbe che Meta sta utilizzando la leva della sua popolarissima applicazione di messaggistica per blindare il nascente mercato dei servizi di chatbot basati sull’AI, limitando la scelta per gli utenti e frenando l’innovazione da parte di potenziali concorrenti. Non è un caso isolato, poiché un’altra indagine in Italia aveva già esteso la sua attenzione alle nuove funzionalità e ai termini di servizio di WhatsApp Business, rilevando preoccupazioni simili riguardo a possibili restrizioni alla produzione o allo sviluppo tecnico nel mercato dei servizi AI.

Dal punto di vista dell’utente finale, l’introduzione di Meta AI in WhatsApp è stata percepita da molti come invasiva. L’assistente virtuale è spesso posizionato in modo evidente all’interno dell’interfaccia dell’applicazione, e la rimozione completa del servizio non è attualmente un’opzione ufficialmente supportata da Meta. Le alternative praticabili per gli utenti che desiderano limitare la sua presenza si riducono spesso a misure palliative come l’archiviazione della chat dedicata o la disattivazione delle notifiche, evidenziando come l’integrazione forzata sia parte integrante del disegno strategico che ora è sotto esame antitrust.

La reazione di Meta alle contestazioni è stata ferma. L’azienda ha respinto le accuse, definendole prive di fondamento e ribadendo la sua convinzione che il settore dell’IA sia altamente competitivo e che gli utenti dispongano di numerosi canali alternativi per accedere ai servizi di intelligenza artificiale, come app store, motori di ricerca e sistemi operativi. Nonostante la difesa, la Commissione Europea ha avviato il procedimento formale. La durata di questo tipo di inchieste è intrinsecamente variabile, dipendendo da fattori quali la complessità delle analisi tecniche e la misura in cui le aziende interessate cooperano con le autorità. Quello che è certo è che il risultato di questa indagine avrà implicazioni significative non solo per il futuro di WhatsApp e Meta AI, ma anche per il panorama competitivo dell’intelligenza artificiale in Europa. L’Unione Europea, ancora una volta, si posiziona come baluardo della concorrenza, determinata a garantire che l’innovazione tecnologica proceda su un terreno di gioco equo.

Di Fantasy