Il concetto stesso di “sviluppo di app” sta subendo una rivoluzione radicale, spinto in avanti dalla potenza degli strumenti di programmazione basati sull’Intelligenza Artificiale. Quello che un tempo era un processo lungo, costoso e riservato a programmatori esperti, si sta rapidamente trasformando in un gesto quasi banale, accessibile a chiunque. In questo scenario dirompente, un’idea tanto semplice quanto rivoluzionaria sta emergendo con forza: il paradigma delle “app usa e getta”.
Tom Okino, Chief Product Officer (CPO) di Vercel e figura di spicco con un decennio di esperienza in Meta, dove è stato tra gli sviluppatori chiave del framework React, è stato il primo a introdurre e sostenere con forza questo concetto. Okino non sta parlando semplicemente di prototipazione rapida, ma di una filosofia secondo cui il software viene creato per uno scopo singolare e specifico, utilizzato e poi scartato, proprio come un oggetto monouso.
L’avvento di strumenti di sviluppo potenziati dall’IA, come il servizio “v0” di Vercel, ha abbattuto le barriere all’ingresso dello sviluppo in modo così drastico da rendere economicamente e temporalmente fattibile la creazione di software che serve a un’unica funzione. Il tempo e le risorse una volta necessari per sviluppare una singola applicazione non sono più un ostacolo, aprendo le porte a una creatività senza precedenti.
Esempi concreti di queste “app usa e getta” sono già emersi in diversi contesti. Immaginate di dover analizzare rapidamente i dati di un foglio di calcolo: con servizi come v0, un utente può semplicemente incollare un file CSV e ottenere in pochi istanti una dashboard interattiva generata automaticamente e “al volo”. Il software non richiede installazione complessa o manutenzione a lungo termine; serve per visualizzare quei dati specifici e poi può essere abbandonato.
Durante un recente hackathon di Vercel, un membro del team ha sfruttato questa logica per creare un’app singola destinata esclusivamente a organizzare e condividere tutte le informazioni relative all’evento con i partecipanti, per poi disattivarla alla conclusione. Lo stesso CPO Okino ha condiviso esperienze personali, come la creazione di un’app personalizzata per gestire la pianificazione di un viaggio in Europa con amici, convertendo semplicemente un documento di testo in un’interfaccia utilizzabile. Addirittura, ha sviluppato personalmente diverse “app istantanee” apparentemente banali, come semplici web app per contare gli interruttori della luce in casa o le scrivanie in ufficio, o per visualizzare la posizione in tempo reale. In modo eloquente, Okino ha osservato che, sebbene queste app nascano per un uso singolo, finiscono spesso per essere riutilizzate, dimostrando come la facilità di creazione possa portare a un’utilità inaspettata a lungo termine.
Il panorama tecnologico generale sta rapidamente convergendo su questa visione. Le grandi aziende AI stanno estendendo la codifica assistita non più solo agli sviluppatori professionisti, ma anche all’utente comune. Google, con il rilascio di “AI Studio”, mira a facilitare la programmazione anche per i non specialisti, mentre Microsoft, con il lancio di “App Builder” pensato per chi lavora in ufficio, sta cercando di rendere la creazione di strumenti aziendali uno sforzo semplice quanto scrivere un’e-mail o lavorare con un foglio di calcolo.
L’obiettivo finale è chiaro: trasformare lo sviluppo software da una disciplina specialistica in una competenza da ufficio diffusa. Se creare software diventa un’attività così immediata da poter essere usata per risolvere un problema contingente e poi dimenticata, assistiamo non solo a una democratizzazione della tecnologia, ma a un cambiamento fondamentale nel modo in cui pensiamo e interagiamo con il digitale. Il futuro non sarà fatto solo di app “per sempre”, ma di una miriade di strumenti effimeri, creati e distrutti a seconda della necessità del momento.