Il termine “vibe coding” sta guadagnando attenzione come un nuovo approccio alla programmazione che sfrutta l’intelligenza artificiale per generare codice a partire da istruzioni in linguaggio naturale. Questo metodo promette di abbattere le barriere tradizionali nell’apprendimento del coding, ma la domanda sorge spontanea: può davvero aprire le porte a una carriera nel settore tecnologico?​

Il “vibe coding” è un concetto introdotto da Andrej Karpathy, cofondatore di OpenAI, che descrive l’uso di modelli linguistici avanzati per generare codice sulla base di descrizioni in linguaggio naturale. In pratica, un individuo può semplicemente descrivere ciò che desidera realizzare, e l’IA si occupa di scrivere il codice necessario. Strumenti come Replit, Cursor e Windsurf sono esempi di piattaforme che facilitano questo tipo di programmazione.​

Le aziende stanno iniziando a riconoscere il valore del vibe coding, cercando professionisti che possiedano competenze nell’utilizzo di strumenti AI per la generazione di codice. Ad esempio, startup come Domu Technology, supportata da Y Combinator, offrono posizioni come “vibe coder-AI engineer”, con stipendi che possono arrivare fino a $150.000 all’anno, enfatizzando l’importanza dell’esperienza con strumenti di coding basati su IA.​

Inoltre, piattaforme come Vibe Code Careers offrono opportunità di lavoro specificamente orientate al vibe coding, includendo posizioni come “AI Systems Architect” e “Vibe Coder” in aziende tecnologiche emergenti.​

Sebbene il vibe coding possa sembrare accessibile, è fondamentale possedere una solida comprensione dei principi di programmazione. Professionisti con esperienza nel debugging, nella gestione di sistemi complessi e nella comprensione delle architetture software sono ancora molto richiesti. Come sottolineato da esperti del settore, mentre l’IA può accelerare il processo di sviluppo, la supervisione umana rimane essenziale per garantire la qualità e la sicurezza del codice prodotto.

Di Fantasy