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In un’epoca in cui la tecnologia permea ogni aspetto della nostra vita, una startup europea ha sviluppato un’intelligenza artificiale (AI) con un compito ben preciso: telefonare ai nostri genitori anziani. Il servizio, chiamato InTouch, si propone di colmare il vuoto lasciato dalla distanza fisica e dal tempo limitato che molti figli possono dedicare ai propri cari anziani.​

Per una quota mensile di 29,90 dollari, l’AI effettua chiamate quotidiane ai genitori, intrattenendo conversazioni di circostanza che simulano l’empatia tipica delle interazioni umane. Al termine di ogni chiamata, l’AI invia un riassunto all’utente, indicando l’umore dell’interlocutore, che può essere classificato come “positivo”, “neutro” o “giù di corda”. Questa funzione permette ai figli di monitorare lo stato emotivo dei propri genitori senza doverli chiamare direttamente.​

La startup InTouch è stata fondata a Praga da Vassili Le Moigne, un imprenditore francese che sottolinea come il servizio non intenda sostituire il contatto umano, ma piuttosto complementarlo. Secondo Le Moigne, l’obiettivo è offrire un modo per rimanere in contatto con i parenti e assicurarsi che siano al sicuro, soprattutto in contesti familiari dove la comunicazione diretta può essere difficile a causa di impegni o distanza geografica.​

Tuttavia, l’idea di delegare a un’AI le conversazioni con i propri genitori non è stata accolta con entusiasmo da tutti. Alcuni utenti hanno espresso preoccupazioni riguardo alla naturalezza delle conversazioni, definendole troppo veloci e con un tono troppo professionale. Una critica comune riguarda la sensazione di parlare con una chiamata a freddo automatizzata, simile a quelle ricevute da aziende commerciali, piuttosto che con un familiare.​

Questo scenario richiama alla mente episodi della serie televisiva Black Mirror, che esplora le implicazioni etiche e sociali dell’uso della tecnologia nella vita quotidiana. In effetti, l’uso di un’AI per gestire le comunicazioni familiari solleva interrogativi sulla qualità delle relazioni umane e sul rischio di ridurre l’interazione personale a semplici scambi automatizzati.

Di Fantasy