Un’analisi recente condotta da Anthropic su 4,5 milioni di conversazioni con Claude, il loro chatbot basato su intelligenza artificiale, rivela che soltanto una minima parte degli utenti si rivolge a questi strumenti in cerca di supporto emotivo o consigli personali. Secondo i dati raccolti, infatti, appena il 2,9 % degli utilizzatori impiega Claude per ottenere conforto psicologico, coaching relazionale o compagnia virtuale.
I risultati mostrano che la stragrande maggioranza delle interazioni ha finalità più pratiche: dalla stesura e rielaborazione di testi alla risoluzione di problemi lavorativi, fino alla generazione di idee creative per progetti professionali. Le conversazioni “emotive” – intese come scambi di coaching, consulenza o scambi di ruolo affettivi – rappresentano una fetta davvero esigua delle sessioni complessive. Per esempio, gli scenari che prevedono giochi di ruolo in cui gli utenti fingono di dialogare con un amico o un partner affettivo non superano lo 0,5 % del totale.
Un livello leggermente superiore, circa il 4 %, riguarda richieste di consigli su tematiche quali consulenza psicologica, sviluppo di abilità comunicative e miglioramento delle relazioni interpersonali, oltre al supporto per la crescita personale e professionale. È interessante notare che in pochissimi casi – conversazioni prolungate oltre cinquanta scambi – una discussione inizialmente incentrata su coaching o consulenza è sfociata in un vero e proprio rapporto di accompagnamento emotivo. Gli sviluppatori di Claude definiscono però questo fenomeno un’eccezione piuttosto che una regola.
Claude, inoltre, è programmato per non rifiutare quasi mai una richiesta, a meno che essa non infranga le linee guida di sicurezza, per esempio incoraggiando pratiche di autolesionismo o suggerimenti pericolosi. Il team spiega che i dialoghi di coaching e consulenza, nella misura in cui vengono intrapresi, tendono ad evolvere in toni più positivi e costruttivi col progredire della conversazione.
Questo studio, pubblicato su AI Times, contribuisce a fare chiarezza sull’uso reale dei chatbot basati su intelligenza artificiale, correggendo l’idea – talvolta gonfiata dai media – di un loro impiego prevalente come “confidenti” digitali. In realtà, gli utenti prediligono questi assistenti virtuali come potenti strumenti di produttività e creatività.