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Se pensi che scrivere codice occupi la maggior parte del lavoro di uno sviluppatore, preparati a sorprenderti: secondo l’articolo pubblicato il 25 agosto 2025 su AI Times, solo il 16 % del tempo è effettivamente dedicato alla scrittura di righe di codice. Il restante 84 % è occupato da attività di supporto e operazioni—dal contesto del progetto alla gestione delle comunicazioni, passando per la documentazione e il debug incessante.

Sylvian Kalachi, CEO dell’istituto di ricerca Rootly, richiama alla mente due studi illuminanti. Il primo, pubblicato su Harvard Business Review, rivela che in media ogni lavoratore digitale passa da un’applicazione all’altra fino a 1.200 volte al giorno. Il secondo, dell’Università della California, mostra che basta una sola interruzione per distrarre uno sviluppatore per circa 23 minuti—e circa il 30 % dei task interrotti non viene nemmeno ripreso.

Questa continua frammentazione — il cosiddetto context switching — è la vera nemica della concentrazione e della produttività. E non stiamo parlando di leggere interruzioni di qualche secondo: sono quelle micro-rotture che dilatano i tempi, erodono il flusso creativo e allungano i cicli di sviluppo.

In questo scenario entra in gioco una soluzione promettente: Model Context Protocol (MCP), un protocollo open standard introdotto lo scorso novembre da Anthropic. L’MCP consente di collegare direttamente i diversi strumenti usati dagli sviluppatori — gestione di ticket, chat, documentazione e ambienti di codifica — direttamente nell’IDE, riducendo drasticamente le interruzioni.

Durante i sei mesi dal lancio, il numero di server MCP è aumentato del 500%, e a giugno ha registrato circa 7 milioni di download. Questo dato conferma non solo l’interesse crescente ma anche l’urgenza percepita nella comunità tech per soluzioni di questo tipo.

Grazie all’MCP, l’esperienza di sviluppo può essere molto più fluida. Immagina la tua IDE: senza dover uscire, puoi leggere il conteggio ticket in Linear, consultare conversazioni rilevanti in Slack, recuperare documenti tramite Glean e infine far generare automaticamente una bozza di codice grazie a un assistente come Cursor — tutto dentro l’ambiente di sviluppo. Un piccolo ecosistema integrato che evita di perdite di tempo inutili.

È una rivoluzione simile a quella operata da Slack sulle comunicazioni aziendali: rendendo disponibili tutti i tool necessari in un solo luogo, ha trasformato i flussi produttivi. Analogamente, Riot Games ha documentato risultati importanti grazie a integrazioni estese: tempi di test ridotti del 27 %, bug individuati il 22 % più velocemente e rollout delle novità accelerato del 24%.

Ma c’è un altro punto chiave: non è più il codice il collo di bottiglia principale, bensì il prodotto stesso. Andrew Ng, professore a Stanford, sintetizza bene il cambiamento: “Quello che in passato richiedeva sei ingegneri per tre mesi, oggi può essere costruito in un weekend tra amici. Se è così, il vero problema diventa decidere cosa costruire”.

In altre parole, la velocità di sviluppo non è più la barriera; la vera sfida è la gestione del prodotto — la capacità di prendere decisioni rapide, intuitive e basate sul contesto utente. E per farlo, serve una visione che unisca tecnologie AI, team agili e una profonda comprensione del customer journey.

Di Fantasy