In uno slancio ambizioso verso il futuro, l’Arabia Saudita ha annunciato l’avvio dei lavori per la costruzione dei suoi primi data center dedicati all’intelligenza artificiale, segnando un passo cruciale nel suo percorso per diventare il cuore pulsante dell’AI nel Golfo. Si tratta, infatti, di un momento carico di significati sul piano geopolitico e tecnologico.
Qualche giorno fa, l’azienda saudita Humain—parte del fondo sovrano PIF (Public Investment Fund)—ha dato il via a un progetto su larga scala, volto a edificare due enormi data center nelle città di Riyadh e Dammam. Questi impianti arriveranno a una capacità iniziale massima di circa 100 megawatt ciascuno e dovrebbero entrare in funzione agli inizi del 2026.
Non si tratta solo di infrastrutture fisiche: Humain punta a un ecosistema integrato. È previsto un investimento massiccio di lungo periodo per portare la capacità complessiva dei data center fino a 1,9 gigawatt entro il 2030, così da trasformare il regno in una vera e propria “AI powerhouse” nella regione del Golfo. A questa visione infrastrutturale si accompagna la creazione di un fondo di venture capital da 10 miliardi di dollari, pensato per supportare cloud, intelligenza artificiale e sviluppo di modelli linguistici su larga scala.
L’anima tecnologica di questo piano è alimentata da un’alleanza strategica con Nvidia: Humain ha ottenuto l’approvazione (in via preliminare) per l’acquisto di 18.000 chip AI dalla multinazionale statunitense—un’operazione già discussa e concordata durante una visita del presidente Trump a maggio. Tuttavia, Humain ha chiarito che l’effettiva esportazione dei chip dipenderà dall’ulteriore via libera da parte delle autorità statunitensi.
Ma c’è di più: Humain ha presentato in anteprima Humain Chat, un’app conversazionale basata sul modello linguistico proprietario chiamato Allam. Questo LLM è stato pensato per riflettere e rispettare i valori della cultura islamica, ed è in grado di operare sia in arabo che in inglese, comprendendo anche i dialetti di paesi come Egitto e Libano. Dietro Allam ci sono circa 120 esperti di AI, metà dei quali donne—un dato significativo in termini di inclusività e coinvolgimento locale.
Il CEO Tareq Amin ha definito Allam come un simbolo storico perché “sovrano” e sviluppato da talenti sauditi, capace di coniugare identità culturale e competenza tecnologica. Questa scelta sembra essere anche una risposta diretta al modello sviluppato negli Emirati Arabi Uniti, il noto “Falcon Arabic”, proponendosi come un’alternativa con forte imprinting culturale e linguistico.
A detta degli osservatori, fino a poco tempo fa l’Arabia Saudita era percepita come meno proattiva nel campo dell’intelligenza artificiale rispetto ai suoi vicini del Golfo, in particolare gli Emirati. Con questa iniziativa, tuttavia, Riyadh punta a colmare il divario e a ritagliarsi un ruolo di leadership nella regione.