Nel mondo della scienza dei materiali e della robotica morbida, una scoperta del team dell’UNIST (Ulsan National Institute of Science and Technology, Corea del Sud), guidato dal professor Jeong Hoon, sta facendo discutere: un muscolo artificiale capace di essere dolce e flessibile come un elastico, ma che può diventare rigido come l’acciaio quando serve, sollevando carichi molto superiori al suo peso. È una frontiera che unisce materiali intelligenti, design composito e controllo tramite stimoli esterni come campi magnetici o calore.
Questo muscolo artificiale è costruito su un principio composito: contiene una matrice polimerica che cambia fase (cioè che può passare tra stati meno rigidi e più rigidi sotto certe condizioni) unita a particelle magnetiche opportunamente trattate. Le particelle non sono semplici riempitivi: la loro superficie è modificata in modo da interagire bene con il polimero, creando legami fisici che permettono elasticità, allungamento e risposta flessibile, e allo stesso tempo legami chimico/fisici più forti che agiscono quando serve rigidità.
Il polimero in questione è del tipo “shape memory / phase-change polymer”: può rimanere relativamente morbido, estensibile, quando non è sollecitato gravemente, ma sotto stimoli come calore o campo magnetico può irrigidirsi. Le particelle magnetiche permettono che le azioni vengano indotte a distanza tramite campo magnetico esterno, consentendo movimenti controllati.
Le caratteristiche di questo muscolo artificiale sono notevoli, e spesso vanno oltre quelle dei muscoli biologici umani in vari aspetti:
- può sostenere fino a 1.000 volte il proprio peso quando è in tensione (tensile stress) e fino a circa 3.690 volte il proprio peso in compressione.
- può allungarsi in modo reversibile, estendersi, contrarsi, piegarsi, torcersi, con una deformabilità (“stretchability”) che supera l’800 % della lunghezza iniziale.
- la rigidità può cambiare drasticamente: il rapporto tra stato “morbido” e “duro” (lo “stiffness switching ratio”) è superiore a 2.7 × 10³ (cioè la rigidità può aumentare più di 2.700 volte passando da uno stato all’altro).
- ha una densità di lavoro (work density) e un’efficienza energetica elevate, che rendono praticabile l’uso in movimento ripetuto.
Questo muscolo, pur impressionante, ha punti critici che gli esperti devono affrontare:
- Stimoli esterni necessari: per modulare rigidità serve calore, o campo magnetico, o entrambi. Questo comporta che ci debba essere un sistema che genera questi stimoli, il che può aumentare complessità, consumi, ingombro nella pratica.
- Velocità di risposta e scalabilità: allungamenti e contrazioni molto grandi sono utili, ma se la risposta è lenta o il materiale si surriscalda, perde praticità nei movimenti rapidi o ripetuti.
- Durata, usura e affidabilità: come tutti i polimeri o materiali compositi, ci sono fenomeni di degrado, fatica, cicli di attivazione che possono ridurre le prestazioni nel tempo.
- Sicurezza e controllo: usare campo magnetico e cambiamenti di fase può avere implicazioni termiche, di sicurezza, di stabilità. Per esempio, bisogna evitare che il materiale raggiunga temperature troppo alte per i tessuti umani, o che il campo magnetico interferisca con altri dispositivi.
- Integrazione nei sistemi reali: montarlo su robot, esoscheletri, dispositivi medici significa collegarlo a sensori, controller, alimentazione, meccanica; non basta il muscolo, serve tutto il sistema attorno.
Gli articoli più validi su questo tema includono lo studio pubblicato su Nature Communications dal team di UNIST, intitolato “Multifunctional Magnetic Muscles for Soft Robotics”. In esso, gli autori descrivono esattamente queste proprietà: cambio di rigidità, deformabilità, capacità di carico elevato. In un altro articolo importante, si parla della metriche come densità di lavoro e efficienza energetica per questi muscoli artificiali, che li rendono più competitivi rispetto ad altri materiali già noti (elastomeri, idrogel, etc.).
Questo muscolo artificiale è una delle tecnologie più affascinanti viste nel campo dei materiali avanzati: perché riesce ad unire in un solo componente caratteristiche che normalmente sono in tensione tra loro — elasticità vs rigidità, forza vs leggerezza. È un passo che avvicina molto robotica, dispositivi indossabili e assistenza medica a soluzioni realistiche, non solo concettuali.
Ma è anche chiaro che non basta “fare bene il materiale”: servono contesti d’uso ben pensati, progettazione ingegneristica attorno, attenzione ai limiti di scala, ai costi, all’affidabilità. Nel breve/medio termine, probabilmente vedremo prime applicazioni in robot morbidi sperimentali, prototipi medici, attuatori specializzati. Nel lungo termine, se queste sfide verranno superate, potrebbe cambiare come costruiamo protesi, esoscheletri, robot intuitivi, e macchine che interagiscono con il mondo in modo più “vivo”.