In questi giorni si parla molto di MF GPT, l’intelligenza artificiale generativa lanciata da Class Editori con l’ambizione di essere qualcosa di più di un semplice assistente automatico o di una generica IA di supporto. L’idea che sta alla base di questo progetto è quella di costruire una piattaforma che non solo risponda alle domande o generi contenuti, ma che lo faccia in modo autonomo, con una propria struttura interna che le permetta di operare con un grado di indipendenza maggiorato rispetto a tanti altri modelli simili, puntando a offrire non solo quantità ma qualità, personalizzazione e controllo.
L’articolo e le dichiarazioni raccolte intorno al progetto raccontano che MF GPT non è più “in allenamento”, come si usa dire quando un modello è in fase di preparazione, di “training” continuo. Questo segnala che si è ormai passati da una fase di sviluppo puramente tecnica a una fase operativa: il sistema è stato reso disponibile al pubblico, pronto a interagire, rispondere, generare contenuti in modo diretto con le richieste che gli utenti vorranno fare. L’obiettivo dichiarato è offrire agli utenti contenuti informativi di qualità, ma fatti su misura, adattati al tipo di richiesta, al contesto, alle attese, senza limitazioni evidenti di copia/incolla di testi generici o banali.
L’autonomia riferita non significa che MF GPT “faccia quel che vuole”: si tratta piuttosto di autonomia nel senso operativo, ossia nella capacità di generare testi, analisi, risposte in modo fluido, con un sistema che non dipende da continue correzioni manuali per funzionare. C’è l’idea che questa autonomia possa permettere una maggiore rapidità, una disponibilità continua, una capacità di personalizzare il rapporto con l’utente, ma anche che imponga responsabilità più elevate: su accuratezza, veridicità, trasparenza.
Fra le motivazioni che hanno spinto Class Editori a sviluppare MF GPT emerge una riflessione su come l’informazione stia cambiando. Con la quantità enorme di dati che circolano, con il tempo che diventa sempre più limitato, con le aspettative del pubblico che pretendono risposte immediate e personalizzate, c’è la necessità di un modo nuovo di produrre informazione. Un modo che non sia solo fare copie delle fonti, ma reinterpretare, contestualizzare, valorizzare quello che davvero serve a chi chiede, ascoltare le esigenze specifiche, cercare di anticipare i bisogni. Un’IA generativa autonoma come MF GPT può rappresentare, se ben fatta, uno strumento che aiuta in questo senso: non per sostituire il giornalismo, ma per potenziarlo, per liberare risorse che possono andare nelle indagini, nelle analisi più complesse, nelle discussioni critiche.
La creazione di MF GPT porta con sé numerose sfide. Autonomia significa anche rischio: errori, distorsioni, rischi di disinformazione, bias nei modelli di linguaggio, questioni legate ai diritti d’autore, alla trasparenza su come vengono usati i dati. Class Editori sembra esserne consapevole: le interviste accompgnano il lancio descrivendo ciò che è stato fatto per mitigare questi rischi, per garantire che quando MF GPT comunica informazioni si sappia chi c’è dietro, come funziona e quali limiti ha. C’è un intento di restituire fiducia, di non lasciare che l’utente sia “presa passiva” di un sistema che genera testi in automatico, ma di fargli capire quando il sistema interviene, che tipo di dati ha consultato, quale livello di certezza si può attribuire alle sue risposte.
Una caratteristica che emerge come particolarmente interessante è la personalizzazione. MF GPT è stata pensata non come un unico modello statico per tutti, ma con la prospettiva che le risposte possano modulare il linguaggio, il livello di dettaglio, lo stile, in funzione dell’utente – che può essere un professionista che vuole dati tecnici, oppure un lettore curioso che desidera un resoconto più divulgativo. Ciò che cambia rispetto ad altri strumenti già esistenti è questa attenzione alla “pertinenza” del contenuto, al coinvolgimento dell’utente, al dialogo: non semplicemente chiedi qualcosa, l’IA ti risponde; l’IA cerca di capire cosa serve davvero, come offrire qualcosa che sia utile.
Il fatto che MF GPT sia “autonoma” anche implica che sia online, disponibile, che possa reagire a richieste reali, non solo in ambienti interni; è un passo verso un uso concreto, diffuso, quotidiano. È l’idea di non confinare l’IA generativa in prototipi, demo o versioni sperimentali, ma portarla nella vita di tutti i giorni del lettore, dell’utente di servizi informativi, di studio, di lavoro. Questo apre, come ovvio, questioni operative molto concrete: come gestire aggiornamenti, correzioni, fonti, aggiornamenti in tempo reale; come garantire che il modello resti accurato non solo al momento del lancio, ma anche dopo, quando i dati cambiano, quando emergono nuove informazioni, quando le “notizie” evolvono.
L’interpretazione che mi sembra più convincente è che MF GPT non vuol essere solo un gesto simbolico o mediatico, ma una scommessa su ciò che l’informazione potrà essere nei prossimi anni. Ci troviamo in un’epoca in cui la tecnologia non è più solo mezzo ma protagonista, in cui chi riesce a integrare bene l’IA nei propri processi, con cura, con responsabilità, può offrire un servizio che non è soltanto più veloce, ma più utile, più personalizzato, che dà valore aggiunto vero. In questo senso, il progetto si colloca in una traiettoria che molti altri stanno seguendo, ma con una specificità italiana: un media che conosce il contesto locale, che deve confrontarsi con normative, cultura, riferimenti linguistici e sociali propri, che deve fare i conti con aspettative e diffidenze che non sono le stesse in ogni Paese.