Ci sono momenti in cui le ambizioni tecnologiche incontrano la concretezza del mondo reale, e la distanza tra attese e risultati diventa lampante. È ciò che sembra essere avvenuto per Accenture, la grande società di consulenza e servizi IT, che pur registrando utili robusti e nuovi contratti legati all’intelligenza artificiale, ha dovuto ammettere – con un certo tono sobrio – che il tanto decantato boom dell’IA non sta “rendendo” come molti speravano. In quell’ammissione potrebbe esserci un avvertimento significativo, non solo per Accenture, ma per tutto il panorama dell’IT (e in particolare per l’IT indiano) che ha scommesso sull’onda dell’AI.

Accenture, nel suo ultimo bilancio, ha indicato ricavi record: quasi 70 miliardi di dollari, con una crescita del 7% rispetto all’anno precedente. Eppure, insieme ai numeri positivi, è arrivata una nota cauta: tagli di personale, rallentamento in alcune aree, e una riflessione sull’IA che non si sta dimostrando – almeno per ora – il game changer assoluto che molti avevano previsto. Julie Sweet, la CEO, è stata chiara durante la call post-risultati: il “mindshare” dell’IA – l’attenzione che ha catturato nei consigli di amministrazione, nei piani strategici delle aziende – è enorme, forse più grande di quanto abbia dimostrato finora nei “returns”. In altre parole: molte aziende parlano di IA, firmano contratti che la includono nei progetti, ma il valore tangibile, misurabile e sostenibile, stenta ad emergere.

Questo contrasto fra aspettative e concretezza ha ripercussioni evidenti nel contesto indiano, dove le imprese IT hanno fatto dell’intelligenza artificiale una leva centrale per il loro posizionamento globale. Se una realtà come Accenture, che opera su scala globale e spesso guida le tendenze della consulenza tecnologica, riconosce i limiti attuali, ciò può incrinare la fiducia di clienti, partner e investitori verso l’adozione su larga scala dell’IA in contesti più fragili o meno maturi.

Il punto cruciale è che, in molti casi, i clienti chiedono “IA” ma non sanno cosa significhi — almeno non fino in fondo — integrarla, farla funzionare, mantenerla. Le sfide emergono non solo nella fase pilota, né solo nel prototipo, ma nella fase di scala, quando servono infrastrutture solide, competenze, dati coerenti, modelli che resistano al cambiamento del contesto, capacità di monitoraggio e governance dei rischi. È verificatasi una specie di “gap del valore”: tanti investimenti, tante promesse, ma non sempre prestazioni coerenti.

Un altro elemento che emerge dal “reality check” di Accenture riguarda il fatto che l’adozione su vasta scala dell’IA appare più veloce – e più conveniente – fra “digital natives” e imprese già molto sofisticate, rispetto alle aziende tradizionali che cercano di integrarla come elemento nuovo in infrastrutture consolidate. In altre parole, chi già ha familiarità con modelli, automazioni, dati strutturati e pipeline di analisi è più avvantaggiato; chi deve “inventarsi il percorso” da zero incontra ostacoli maggiori.

In India, dove l’IT è un pilastro dell’economia e dell’export tecnologico, questo messaggio rimbomba forte. Le grandi società indiane — che hanno alimentato aspettative attorno a servizi AI globali — si trovano ora in una situazione in cui devono dimostrare che non si trattava solo di retorica: serve far emergere casi d’uso concreti, ROI sostenibili, modelli di business che giustifichino la spesa e la complessità. Se non riusciranno a farlo, rischiano che la reputazione del settore nel suo insieme ne risenta, che i clienti con budget limitati rinuncino a sperimentare, e che l’innovazione rallenti.

Questa situazione non è necessariamente negativa, anzi può essere salutare. Può portare a un ridimensionamento delle aspettative, a una disillusione controllata che spinge i leader tecnologici a concentrarsi su ciò che funziona davvero — su casi d’uso ben definiti, su automazioni incrementali, su implementazioni graduali e sostenibili — invece di inseguire la “next big thing” senza radici. Forse il momento che viviamo non è di “disillusione”, ma di maturazione: il passaggio da sogni futuristici a risultati concreti, da narrative entusiasmanti a prodotti affidabili.

L’ammissione di Accenture è un campanello di allarme ma anche un invito: non fermarsi davanti alla difficoltà, ma investire nella capacità di trasformare l’IA da promessa a leva reale, non su qualche progetto isolato, ma su infrastrutture solide, organizzazioni pronte a cambiare e modelli di crescita realistici. Il “dividendo dell’IA” non è garantito da sé: va costruito con disciplina, pazienza, misure ripetute e investimenti consapevoli.

Di Fantasy