L’Italia delle piccole e medie imprese è spesso raccontata come il motore nascosto dell’economia nazionale: innovativa, tenace, radicata nel territorio. Ma quando si parla di intelligenza artificiale (IA), quel motore fatica ancora ad esprimere tutta la sua potenza — tra infrastrutture datate, resistenze culturali e la complessità tecnica dei modelli. È qui che entra in scena Datrix, un’azienda italiana che si propone di “ritagliare” l’IA sulle esigenze reali di PMI e grandi aziende, adattando la tecnologia a ciò che già c’è, anziché imporre soluzioni standard rigide. Questo è quanto emerge dal recente articolo di Wired Italia.
Quando ci si avvicina al mondo dell’IA, è facile cadere nella trappola dell’“intelligenza generale”: l’idea che un’unica soluzione possa risolvere ogni problema. Ma Datrix segue un’altra strada: quella della specializzazione. Secondo Fabrizio Milano D’Aragona, amministratore delegato dell’azienda, “un’intelligenza artificiale non specializzata è poco utilizzabile, se non per attività semplici”.
Ciò significa che Datrix costruisce “mattoncini” personalizzati, moduli — spessissimo ispirati ai modelli linguistici (large language model) — tarati su verticali specifici: marketing, dati aziendali, media, monetizzazione delle informazioni. Così l’IA non rimane un corpo estraneo, ma si integra con ciò che l’impresa già fa, con i processi consolidati, con il know-how storico del tessuto produttivo.
Molto spesso le discussioni sull’IA restano astratte: “potenzialità”, “orizzonti futuri”, “scenari”. Datrix, invece, insiste su un concetto semplice ma cruciale: che l’IA faccia qualcosa di concreto in azienda. Non serve che aggiunga peso burocratico o richieda infrastrutture radicalmente nuove. L’obiettivo è generare risultati misurabili, sostenibili e idonei ai modelli di business esistenti.
Nel primo semestre del 2025, Datrix ha registrato una crescita del 9% dei ricavi, arrivando a 8,1 milioni di euro, e l’87% del giro d’affari è derivato dai software di IA per la monetizzazione dei dati — soprattutto nei media e nel marketing.
Un aspetto interessante è la modalità “non invasiva”: Datrix afferma di voler portare l’IA nelle aziende “senza cambiare le infrastrutture tecniche né adottare i sistemi cloud” in modo drastico. In altre parole, lavorare con ciò che c’è, intervenendo con precisione laddove serve.
Uno dei grandi nodi di questo percorso riguarda le piccole e medie imprese, che costituiscono il cuore dell’economia italiana. Nel panorama nazionale, molte PMI guardano all’IA con attenzione ma esitano a passare all’azione. Il gap tecnologico, le risorse limitate e la complessità dei modelli rappresentano ostacoli reali.
Un dato recente suggerisce che solo una minoranza di imprese ha già introdotto interventi strutturati di IA: la diffusione è spesso più remota che concreta.
In questo contesto, il modo di operare di Datrix assume una rilevanza speciale: proporre soluzioni verticali, modulabili, dove l’IA non è un capriccio tecnologico, ma strumento che accompagna la trasformazione già avviata dall’azienda.
Un elemento interessante del modello Datrix è che non è un progetto isolato o marginale: l’azienda realizza oggi circa metà del suo fatturato all’estero, con una forte proiezione verso gli Stati Uniti. Questo atteggiamento testimonia che l’IA “made in Italy” può essere competitiva sul palcoscenico globale, non soltanto confinata alle nostre realtà locali. Se l’IA specializzata e integrata riesce a dimostrare valore, il mercato globale può accoglierla.