Un assistente vocale che non solo risponde a comandi basici — “metti sveglia”, “invia messaggio” — ma che può scavare tra la tua musica, le tue email, modificare foto e persino operare all’interno delle app. Apple sta lavorando su qualcosa di simile, ma per ora solo dietro le quinte. Secondo Bloomberg e altri media tecnologici, l’azienda ha sviluppato un’app interna chiamata Veritas per testare una versione potenziata di Siri, dotata di capacità simili a quelle dei chatbot generativi come ChatGPT.
Veritas non è destinata al pubblico. È uno strumento che Apple mette nelle mani dei suoi ingegneri per sperimentare funzionalità avanzate prima di integrarle nel nuovo Siri. L’app consente di gestire conversazioni multiple, ricordare scambi precedenti, seguire filoni di discussione — elementi che vanno oltre il modello tradizionale di Siri.
Uno degli aspetti più intriganti è che Veritas può attingere a dati personali dell’utente — musica, e-mail, calendario — e “mettere le mani” nelle applicazioni, eseguendo azioni come editare foto o fare richieste contestuali. L’obiettivo è che Siri non sia più un semplice assistente che “capisce” il linguaggio, ma un’entità in grado di “fare” per te, all’interno delle app, con competenza e fluidità.
Dietro Veritas c’è il motore chiamato Linwood, che pare combinare modelli creati dal team interno Apple (Foundation Models) con modelli esterni. In altri termini, non è un sistema completamente “fatto in casa”, ma un ibrido.
Apple aveva inizialmente previsto il lancio del nuovo Siri per la primavera del 2025, ma ha dovuto rimandare a causa di problemi tecnici che, secondo alcune fonti, portavano a tassi d’errore del 30 %. Quella che un tempo doveva essere una pietra miliare nella trasformazione dell’assistente vocale è diventata un percorso in salita, con la nuova data stimata per marzo 2026.
Il ritardo è comprensibile, se pensiamo alla complessità tecnica: Siri “classico” già lavora con grandi vincoli — privacy, latenza, risorse hardware limitate su iPhone — e trasformarlo in un agente generativo, multimodale, capace di azioni reali nelle app, è un’impresa. Apple vuole evitare che una versione “incompleta” di Siri generi disservizi, errori o problemi di sicurezza.
Alcune voci suggeriscono che Apple starebbe considerando anche l’uso di modelli di terze parti (come Gemini di Google), per non dover dipendere esclusivamente dai propri modelli interni, soprattutto se i tempi di sviluppo sono stretti.
In un recente incontro aziendale, Tim Cook ha ribadito quanto l’intelligenza artificiale sia un’area strategica in cui Apple deve “vincere”. Ma nel frattempo, alcuni dirigenti chiave del team AI — inclusi capi del settore che hanno guidato progetti come AKI (Advanced Knowledge Integration) — stanno uscendo dall’azienda, creando ulteriore pressione sul progetto Siri.
L’avventura di Veritas e del nuovo Siri ci offre uno sguardo profondamente interessante su dove Apple vuole andare: non solo un assistente che risponde, ma un assistente che agisce, contestualmente, all’interno del nostro flusso digitale. Se riusciranno a farlo con affidabilità, eleganza e rispetto per la privacy, potrebbe segnare il vero salto generazionale di Siri. Se falliranno, rischiano di restare dietro nel confronto con concorrenti già avviati sull’IA generativa.