Nel cuore dell’innovazione tecnologica moderna, l’interfaccia utente (UI) non è più solo un involucro grafico, un insieme di finestre, pulsanti e menu: è il punto in cui l’intelligenza incontra l’uomo. ServiceNow, azienda già nota per le sue soluzioni nel mondo dell’automazione dei processi, ha fatto un passo in questa direzione con il suo nuovo annuncio: AI Experience, una UI pensata per portare l’AI al centro dell’esperienza aziendale, non come un modulo aggiunto, ma come l’elemento primario con cui gli utenti interagiscono con i sistemi.
Il problema che ServiceNow intende affrontare è ormai ben noto alle imprese: un mosaico di applicazioni, ogniuna con un proprio motore, logiche e interfacce. Gli utenti, per andare da un’attività all’altra, devono navigare tra sistemi diversi, perdere tempo a trasferire dati manualmente, talvolta ripetere operazioni già fatte altrove. AI Experience si propone come un “ponte conversazionale” unico su cui passa tutto: testo, voce, immagini, dati, flussi web. Invece di pensare che ogni app debba fare da sola l’integrazione, l’idea è che l’utente usi una sola porta: conversare, chiedere, agire, in un contesto di lavoro che non richiede continui salti tra schermate.
Puoi immaginare che, da una stessa finestra conversazionale, chiedi di aggiornare un ticket, caricare un documento, estrarre dati da un’immagine che stai visualizzando e farli comparire in un report — senza uscire, senza copiare e incollare, senza scherzi tecnici. È un’introduzione naturale all’idea che “l’intelligenza non si chiede, si fa”: l’AI non è un assistente esterno, ma un elemento attivo dell’interfaccia.
Ciò che rende più concreto questo salto è l’approccio “agentico”: non basta che l’AI risponda; deve agire. Per questo ServiceNow introduce varie specializzazioni di agenti:
- AI Web Agents: navigano in applicazioni web, compilano moduli, cliccano pulsanti, integrandosi con sistemi esterni, tutto questo in autonomia.
- AI Voice Agents: accolgono comandi vocali, interpretano contesti, agiscono sui dati aziendali, risolvono problemi attraverso conversazioni naturali.
- AI Data Explorer: trasforma interrogazioni in linguaggio naturale in analisi complesse, collegandosi sia ai sistemi interni che a fonti esterne di dati.
- AI Lens: interpreta ciò che l’utente vede sullo schermo — moduli, dashboard, immagini — e sfrutta quei contenuti per attivare azioni e automazioni.
L’intento è che l’utente non debba “parlare con l’AI” come se fosse un bot isolato, ma che l’AI stessa agisca nel contesto, in modo “contiguo” alle sue mani e al suo flusso di lavoro.
Un’idea bella, per diventare utile, deve poggiare su fondamenta solide: dati, contesto e controllo. ServiceNow introduce alcuni elementi architetturali centrali:
- Il Knowledge Graph: modello semantico unificato che funge da “nervo centrale” del sistema AI, costruendo relazioni tra entità aziendali, dati e processi.
- Il Workflow Data Fabric: un tessuto che connette dati in tempo reale tra sistemi eterogenei, rompendo i silos e consentendo agli agenti AI di avere visione completa del contesto aziendale.
- Il Control Tower AI: modulo di governance che monitora, regola, traccia le attività dell’AI, garantendo sicurezza, trasparenza e controllo sull’uso e le decisioni dell’agentic AI.
Questi strati assicurano che l’AI non “vaghi” in autonomia incontrollata, ma operi entro confini, supervisionabile e coerente con le politiche aziendali.
Una delle frontiere più interessanti è l’integrazione con le funzionalità CRM (Customer Relationship Management) di ServiceNow. Con AI Experience, il sistema CRM lascia di essere un registro passivo e diventa una piattaforma di azione: l’AI non solo registra interazioni, ma suggerisce prossimi passi, automatizza risposte, scova pattern, riconosce segnali nascosti nelle richieste dei clienti.
Nel servizio clienti, un utente potrebbe fare una richiesta a voce o via chat, e l’AI agent si occupa di verificare lo stato, attivare procedure, allocare risorse, senza che l’operatore umano debba passare da un sistema all’altro. Nel sales, l’AI genera preventivi, suggerisce opportunità incrociate, automatizza passi contrattuali. In sostanza, l’AI entra nel flusso CRM come co-pilota intelligente.
Ogni grande salto tecnologico porta con sé ostacoli. In questo caso, alcune questioni emergono con chiarezza. Ad esempio, permettere agli Web Agents di agire su applicazioni esterne richiede che essi comprendano interfacce spesso non standardizzate, che gestiscano errori imprevisti, che abbiano tolleranza alle variazioni del layout. C’è già un filone di ricerca che studia quanto gli agenti web siano capaci di svolgere compiti complessi nel contesto aziendale, e i risultati mostrano progressi — ma anche che la strada è lunga.
Inoltre, l’equilibrio tra azione autonoma e supervisione umana è delicato: fin dove l’agent può decidere da solo? Quando deve chiedere conferma? Come si costruiscono i “guardrail” (controlli etici, policy, limiti operativi) che impediscano errori o comportamenti non desiderati?
Infine, la qualità dei dati è cruciale—se il Knowledge Graph è povero, le relazioni errate, i dati inconsistenti, l’AI può fare scelte sbagliate. Non basta inserire “AI sulla UI”: serve un ecosistema intelligente di dati, processi ben curati, controlli robusti.
Con AI Experience, ServiceNow prova a definire una nuova era nella relazione tra l’utente aziendale e l’intelligenza artificiale. Non è più “aprire un’app, chiedere all’AI di fare qualcosa”, ma “l’AI è la porta”, l’interfaccia, l’elemento che media ogni azione.