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Dove le imprese corrono per integrare agenti basati su intelligenza artificiale nelle proprie operazioni — assistenza clienti, contact center, automazione dei flussi — una questione rimane insidiosa: come essere sicuri che questi agenti non sbaglino? L’idea è semplice: prima di mettere un agente “in scena” a interagire con utenti umani, bisogna sottoporlo a test rigorosi. Ma farlo manualmente — con persone che simulano conversazioni — è lento, costoso, e inevitabilmente limitato.

È proprio su questo terreno che Cresta ha deciso di innovare. Con il suo annuncio recente, la società mette a disposizione un set integrato, una suite di testing automatizzato che “usa l’IA per testare l’IA”. Con questo strumento, le aziende possono avere maggiore fiducia nel far debuttare un agente AI nel mondo reale, sapendo che non renderà risposte bizzarre, non genererà errori nei workflow critici, e non agirà fuori protocollo.

Il CEO di Cresta, Ping Wu, mette in luce il nodo centrale: “l’accuratezza e la fiducia sono cruciali in ogni deployment AI”, ma “le persone che fanno test manuali difficilmente possono intercettare errori potenziali su scala, soprattutto nei casi al limite (edge case)”. Per questo la suite automatizzata offre simulazioni di visitatori, valutatori AI (LLM judge) e verifiche sui percorsi operativi dell’agente. In altre parole, il sistema va a sollecitare il comportamento dell’agente in condizioni estreme o varianti che potrebbero non emergere nei test manuali più “tranquilli”.

In termini concreti, Cresta afferma che il suo sistema automatizzato consente di far girare quindici volte più test rispetto alle modalità tradizionali, accelerando i cicli di rilascio del 35% e migliorando l’accuratezza del 20%.

Ci sono vari componenti che rendono questa offerta interessante:

  • Gli LLM Judge esperti che valutano non solo cosa dice l’agente, ma come segue i workflow, se rispetta le policy di sicurezza, se evita risposte fuori tema o potenzialmente pericolose.
  • Le Simulated Visitors dinamiche: utenti virtuali guidati dall’IA che imitano comportamenti, personalità e varianti reali, per mettere l’agente sotto pressione.
  • I valutatori modulari (evaluators) che misurano performance su interi flussi o su risposte isolate, per avere granularità nella verifica.

Un feedback loop integrato nel prodotto, che permette di etichettare conversazioni reali sbagliate e trasformarle in casi di test che l’agente dovrà superare nelle versioni future.

Questo tipo di innovazione non è mera follia tecnica: è quasi necessaria se si vuole che l’IA passi da elemento sperimentale a componente affidabile delle operazioni aziendali. In scenari critici — finanza, sanità, customer service su larga scala — un agente AI che sbaglia può avere conseguenze reali. Il testing diventa, quindi, una fase imprescindibile.

Una questione che emerge è il concetto di “test generato da agenti”: quando fai test con IA che stimola un’altra IA, la complessità aumenta (ci sono interdipendenze, errori a catena, casi limite difficili da prevedere). Ma studi accademici mostrano che approcci simili — meta-agenti che generano test conversazionali adattivi — possono trovare errori che sfuggono ai revisori umani in tempi significativamente più brevi. Un esempio recente è il lavoro “Agent-Testing Agent”, dove un sistema automatico genera scenari sempre più difficili e punta a mettere alla prova l’agente su punti deboli, producendo metriche e rapporti utili agli sviluppatori.

In ambienti dove la fiducia è essenziale, questo livello di robustezza può diventare fattore competitivo: avere agenti che non sorprendono (o sorprendere positivamente) può determinare la differenza tra un buon servizio e un disastro reputazionale.

Di Fantasy