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L’industria dei videogiochi, da sempre avanguardia nell’adozione di nuove tecnologie, si trova oggi sull’orlo di una trasformazione radicale, e a guidare questa potenziale rivoluzione è Ubisoft con l’annuncio del suo nuovo progetto sperimentale, provvisoriamente noto come “Teammates”. Questo sparatutto in prima persona, lungi dall’essere l’ennesimo titolo d’azione con una trama predefinita, si configura come il “primo progetto di ricerca giocabile basato sull’Intelligenza Artificiale generativa,” un’etichetta che ne svela immediatamente l’ambizione: ridefinire l’interazione tra l’utente e i personaggi non giocanti (NPC).

La vera innovazione di Teammates non risiede tanto nell’ambientazione distopica – che vede il giocatore nei panni di un membro della resistenza infiltrato in una base nemica – quanto nella rivoluzione che l’AI genera nel gameplay. Per anni, i compagni di squadra gestiti dal computer nei giochi di genere tattico sono stati percepiti, nella migliore delle ipotesi, come strumenti goffi e prevedibili, in grado di eseguire solo una serie limitata di comandi preregistrati e spesso inclini a movimenti illogici. Con questo nuovo progetto, Ubisoft promette di superare finalmente questa limitazione strutturale.

Il cuore pulsante di Teammates è un sistema di Intelligenza Artificiale così evoluto da non limitarsi alla mera esecuzione di istruzioni, ma che è capace di interpretare, rispondere, reagire e persino improvvisare in modo coerente con il contesto ambientale e con le azioni in tempo reale del giocatore. Personaggi come Pablo e Sofia, i compagni di squadra virtuali, non sono più semplici automi digitali, ma entità che sembrano vivere autenticamente nel mondo di gioco. A supportare questa dinamica, vi è anche Jaspar, un assistente IA che ascolta costantemente le esigenze del giocatore in combattimento, elevando il livello di supporto tattico a una conversazione continua e naturale.

L’interazione è il vero catalizzatore di questa metamorfosi. Dimenticati i menu a tendina e le scelte rigide, il giocatore può impartire comandi vocali liberi, veloci e istintivi. Un semplice “Pablo, mettiti in copertura dietro quella barriera” o “Sofia, preparati all’attacco incrociato” innesca una reazione non scriptata che tiene conto della posizione, della linea di tiro e della situazione tattica corrente. Questa immediatezza e fluidità trasforma radicalmente l’esperienza di gioco: il giocatore non è più solo un protagonista che segue una storia scritta, ma si eleva al ruolo di co-regista. Ogni ordine impartito, anche il più banale, diventa una biforcazione narrativa in tempo reale, modellando il corso degli eventi con un’imprevedibilità e una profondità che imitano l’azione concitata di un film d’azione tattico.

Un aspetto affascinante emerso dai primi test interni è il “legame emotivo inatteso” che si è sviluppato tra i giocatori e l’assistente artificiale. Quando un’Intelligenza Artificiale riesce a suscitare empatia e un senso di dipendenza reciproca, significa che la tecnologia ha fatto un balzo in avanti sotto il cofano, trasformando l’NPC da un semplice elemento del world design a un vero e proprio partner digitale.

Nonostante l’impiego dell’AI generativa sia spesso al centro di dibattiti etici e controversie nel settore creativo, Ubisoft ha voluto chiarire la sua filosofia in modo netto: l’obiettivo di Teammates non è la sostituzione del lavoro umano, bensì la creazione di una collaborazione più stretta tra la creatività del giocatore e la tecnologia, elevando il potenziale di gioco e la complessità tattica a livelli mai visti. In ultima analisi, Teammates rappresenta molto più di un semplice sparatutto; è una dichiarazione di intenti che preannuncia un futuro dove i personaggi virtuali non saranno più un ostacolo, ma il fulcro di un’esperienza ludica ricca e profondamente reattiva.

Di Fantasy