Negli ultimi giorni alcuni utenti di ChatGPT hanno segnalato la comparsa di annunci pubblicitari all’interno dell’interfaccia del chatbot. La notizia — riportata da Analytics India Magazine — ruota attorno a un post su X di un software engineer che ha scoperto, nella versione beta Android di ChatGPT, riferimenti a una «ads feature» con stringhe come “search ad”, “search ads carousel” o “bazaar content”. Poco tempo dopo, un altro utente ha raccontato di aver visto una “promotional card” durante una normale conversazione: ad esempio, chiedendo di un dato podcast, gli sarebbe comparso un suggerimento sponsorizzato relativo a un’attività fitness — segno che gli annunci non restano relegati a pagina “extra”, ma compaiono direttamente nel flusso conversazionale.
Questo sviluppo segna un cambio di paradigma per ChatGPT. Finora lo strumento — nella sua versione gratuita — era percepito come neutro, uno spazio di dialogo tra utente e intelligenza artificiale privo di pressioni commerciali. Ora, se l’introduzione degli ads dovesse concretizzarsi su larga scala, potrebbe modificare profondamente l’esperienza dell’utente: le risposte generate potrebbero includere suggerimenti sponsorizzati o promozioni di servizi e prodotti.
Dal punto di vista economico e strategico, la decisione appare come una scelta pragmatica per OpenAI. I costi legati al mantenimento e allo sviluppo di modelli linguistici avanzati sono elevati e, nonostante gli abbonamenti e le licenze enterprise, esiste una grande fetta di utenti che utilizza la versione gratuita. Monetizzare questo bacino con pubblicità potrebbe aiutare a sostenere i costi operativi e permettere a OpenAI di continuare a offrire l’accesso base senza costi.
Tuttavia, il passaggio non è privo di rischi e implicazioni, soprattutto sul piano della fiducia, della trasparenza e della qualità dell’esperienza utente. Una AI che consiglia — o sembra consigliare — un prodotto sponsorizzato, rischia di mescolare informazione e marketing, mettendo in dubbio l’imparzialità delle risposte. Utenti che si affidano a ChatGPT per consigli tecnici, ricerca, supporto professionale o creativo potrebbero chiedersi quanto affidabili siano i suggerimenti ricevuti. Inoltre, la personalizzazione degli ads, possibile anche grazie alle capacità della piattaforma di ricordare alcune preferenze o sessioni, solleva interrogativi su privacy e profilazione.
L’integrazione di annunci all’interno di ChatGPT segna l’inizio di una nuova fase: un cambiamento che non riguarda solo il modello di business di OpenAI, ma l’identità stessa dell’interazione tra utente e AI. Il chatbot non sarà più solo un alleato neutrale nella ricerca e nella creatività, ma — potenzialmente — anche un canale commerciale. E per ogni utente, la sfida sarà conservare la propria autonomia critica: distinguere tra ciò che è utile e ciò che è sponsorizzato, tra informazione e marketing.
