Nella Silicon Valley, dove spesso l’attenzione si concentra su tecnologie futuristiche e prototipi ambiziosi, è sorprendente vedere che un robot apparentemente ordinario stia catalizzando discussioni così vivaci. Eppure è ciò che sta accadendo attorno al robot aspirapolvere sviluppato da Matic, una startup che in poco più di un anno ha trasformato un oggetto quotidiano in un simbolo della direzione più pragmatica verso cui potrebbe muoversi la robotica consumer.

Il dispositivo, esteticamente semplice e lontano dai design scintillanti tipici dei prodotti “tech”, è un quadrato su tre ruote dotato di capacità di aspirazione e lavaggio. Costa 1.245 dollari, una cifra che lo colloca nella fascia alta del mercato, ma a quanto pare il valore aggiunto risiede nell’intelligenza che lo muove. Attraverso cinque telecamere disposte su fronte, retro e parte superiore, il robot acquisisce dati che alimentano il suo software di intelligenza artificiale, in grado di mappare in 3D l’ambiente domestico e di adattare il percorso in tempo reale. La mappa viene memorizzata direttamente sul dispositivo, offrendo agli utenti controllo completo tramite app e la possibilità di programmare pulizie e percorsi in modo personalizzato.

Secondo molti esperti che lo hanno testato, questo robot rappresenta un salto rispetto ai modelli precedenti, spesso poco affidabili nella navigazione e nella copertura completa degli ambienti. A detta di chi lo usa quotidianamente, Matic “va dove serve, evita ciò che deve evitare e completa la pulizia dell’intero spazio con una precisione mai vista prima”. È un risultato che ha attirato l’attenzione di un pubblico crescente, tanto che le vendite — circa 2.000 unità al mese — hanno permesso alla startup di chiudere l’ultimo anno con un fatturato da 26 milioni di dollari.

Il passaparola ha avuto un ruolo centrale, ma lo hanno avuto anche gli investitori. Nell’agosto scorso, Matic ha raccolto 115 milioni di dollari da figure di rilievo come Nat Friedman e Jack Dorsey, ottenendo una valutazione da 650 milioni di dollari. Per un prodotto che non punta su un’estetica sofisticata, si tratta di un risultato notevole. “Non è un oggetto affascinante”, ha ammesso il CEO Mehul Nariyawala. “Se sviluppi un’auto a guida autonoma, tutti ti applaudono. Ma se dici che lavori a un robot aspirapolvere, ti guardano perplessi”. Eppure, quella scelta deliberata di semplicità è parte del messaggio.

Nariyawala proviene da Nest, acquisita da Google, e dopo aver lasciato l’azienda nel 2017 ha testato più di 160 prototipi stampati in 3D prima di definire la forma finale di Matic. Non cercava il robot “di fantascienza”, ma un dispositivo utile, comprensibile e immediatamente adottabile. Il design, che ricorda quasi un Wall-E domestico, è distante dai dischi sottili e lucidi dei concorrenti non per caso, ma per convinzione: la robotica, per diventare veramente mainstream, deve prima conquistare fiducia.

Nel settore, questa posizione rappresenta una voce significativa in un dibattito che sta diventando sempre più centrale: conviene sviluppare robot semplici, specializzati, subito utili, o puntare direttamente agli umanoidi complessi e polifunzionali che promettono di svolgere molte attività? Secondo alcuni analisti, i robot umanoidi — pur affascinanti — sono ancora troppo costosi per il tipo di funzioni che realmente offrono. La tecnologia non è matura, e le ambizioni rischiano di superare le possibilità concrete, esattamente come accadde negli anni ’90 con General Magic. L’azienda, fondata da protagonisti della Apple di Steve Jobs, immaginò uno smartphone prima che esistessero le condizioni tecnologiche per realizzarlo: idee rivoluzionarie, ma tempi sbagliati.

Il parallelo è immediato. Per Nariyawala e molti altri, spingere ora sugli umanoidi significa correre lo stesso rischio di anacronismo tecnologico. Matic, invece, si posiziona come la dimostrazione che il mercato è pronto ad accogliere robot domestici più intelligenti, ma non necessariamente più complessi. E i segnali sembrano confermarlo: sempre più utenti chiedono funzioni aggiuntive come la capacità di raccogliere oggetti, segno che la familiarità con l’idea di un aiutante robotico nelle mura di casa sta aumentando.

Questo robot, insomma, è diventato la prova vivente che l’evoluzione della robotica consumer potrebbe non passare dall’estetica futuristica degli umanoidi, ma dalla concretezza di dispositivi che risolvono problemi reali e immediati. Se gli umanoidi diventeranno un giorno protagonisti, sarà probabilmente perché prodotti come Matic avranno abituato gli utenti all’idea che un robot possa essere affidabile, utile e degno di fiducia.

E in un settore che alterna euforia e delusioni, la storia di Matic sta indicando una strada diversa: quella della maturità, della gradualità, e di un’innovazione che parte dalla casa — non dal laboratorio — per trasformare davvero la quotidianità.

Di Fantasy