Il settore della sicurezza globale si sta preparando a una trasformazione radicale che vede i sistemi senza pilota passare dai campi di battaglia alle strade delle nostre città. Secondo un recente e dettagliato rapporto pubblicato da Europol, intitolato significativamente “The Unmanned Future”, il prossimo decennio sarà caratterizzato da una presenza massiccia di robot e droni che, sebbene progettati per scopi civili o di soccorso, finiranno inevitabilmente nelle mani della criminalità organizzata e di gruppi terroristici. Non si tratta di una proiezione basata sulla fantascienza, ma di una deduzione logica derivata dall’osservazione di tecnologie che sono già ampiamente accessibili, economiche e collaudate in contesti bellici moderni, dove la sorveglianza e l’offesa a distanza sono diventate la norma.
Il documento sottolinea come la diffusione capillare di queste macchine nel settore pubblico e privato stia creando un ecosistema in cui il crimine a distanza diventa una minaccia concreta. Già oggi assistiamo a droni utilizzati per il contrabbando di droga o per superare i perimetri carcerari, ma la previsione per il 2035 descrive uno scenario molto più complesso. Con l’aumento delle auto a guida autonoma e dei robot umanoidi, le autorità prevedono che i malintenzionati sfrutteranno queste piattaforme per compiere furti, monitorare le abitudini delle famiglie o persino causare incidenti stradali intenzionali, mascherandoli come malfunzionamenti tecnici. La sfida principale per le forze dell’ordine risiederà proprio nella difficoltà di distinguere tra un errore del software e un’azione criminale deliberata, specialmente quando gli umanoidi verranno programmati per interagire in modo sofisticato con le persone.
Un rischio particolarmente allarmante riguarda la sicurezza informatica applicata alla robotica. I criminali informatici potrebbero non aver bisogno di costruire i propri robot, limitandosi invece ad hackerare e riprogrammare quelli già esistenti nelle infrastrutture critiche. Un robot ospedaliero che somministra il farmaco sbagliato o un drone per le consegne deviato dal suo percorso originale potrebbero trasformarsi da semplici guasti in veri e propri strumenti di sabotaggio o ricatto su scala nazionale. A questo si aggiunge la tensione sociale derivante dall’automazione: il rapporto suggerisce che la frustrazione delle persone sostituite dalle macchine nel mondo del lavoro potrebbe sfociare in atti di luddismo moderno, con la distruzione sistematica dei robot o l’organizzazione di furti ai danni dei sistemi automatizzati.
Per non farsi trovare impreparate, le agenzie di polizia europee stanno già valutando l’adozione di contromisure tecnologiche all’avanguardia. Tra queste figurano strumenti specifici come reti per la cattura dei droni e dispositivi in grado di congelare o disattivare istantaneamente le funzioni motorie dei robot. Tuttavia, la risposta non può essere solo tecnica. Europol sottolinea la necessità impellente di aggiornare i quadri normativi e i paradigmi operativi, creando una sinergia costante tra l’industria tecnologica, il mondo accademico e le forze dell’ordine. Solo attraverso una formazione specifica del personale e una collaborazione stretta con chi produce queste tecnologie sarà possibile anticipare le mosse di chi intende sfruttare l’innovazione per scopi illeciti.
Come osservato dai vertici di Europol, ogni grande salto tecnologico porta con sé opportunità e pericoli, proprio come accaduto con l’avvento di Internet e degli smartphone. Sebbene sia difficile prevedere con esattezza l’evoluzione tecnologica dei prossimi dieci anni, il rapporto funge da bussola per orientare le decisioni politiche e operative di oggi. L’obiettivo non è frenare il progresso, ma garantire che la società sia pronta a gestire le zone d’ombra di un futuro in cui l’assenza di un operatore umano dietro una macchina non significherà necessariamente l’assenza di un’intenzione criminale.
