Immagine AI

Nella frenesia della tecnologia odierna, in particolare nel campo dell’intelligenza artificiale, emerge un fenomeno che ricorda più il mondo della startup-maratona che quello dei tradizionali uffici 9-17. In una serie di imprese della Silicon Valley — e non solo — sta prendendo piede quello che viene definito come il modello «996», ovvero un orario che va dalle nove del mattino alle nove di sera, sei giorni alla settimana, per un totale che si aggira intorno alle settantadue ore.

La spinta a questa intensificazione non arriva dal desiderio di emulare un ideale romantico del lavoro costante, bensì da una percezione diffusa tra i fondatori e gli investitori: la finestra di opportunità per conquistare un ruolo dominante nell’IA generativa è corta, probabilmente di due-tre anni, e chi muove più rapidamente ha maggiori probabilità di emergere.

In alcune startup — come ad esempio la Cognition di San Francisco — la filosofia viene comunicata apertamente già nelle offerte di lavoro. Il suo amministratore delegato, Scott Wu, ha dichiarato che l’azienda ha una “cultura aziendale fortemente orientata alle prestazioni” e che si presenta in fase di selezione proprio per evitare sorprese. In un caso, dopo l’acquisizione della startup Windsurf, i nuovi dipendenti sono stati invitati a scegliere o un buon pacchetto di uscita o l’impegno totale nella nuova cultura.

Altre aziende, come la sostanzialmente giovanissima Sonatic, hanno reso esplicito che sei giorni alla settimana in sede sono parte delle condizioni, compensati però da benefit pensati per alleggerire la vita quotidiana: alloggio gratuito, consegna pasti, abbonamenti a servizi di incontri. In questo modo l’obiettivo dichiarato è togliere agli impiegati il problema “dove dormo, come mangio” per lasciarli più liberi – o meglio, più “disponibili” – a focalizzarsi sulla missione aziendale.

Ma la storia di questo modello non è nuova. Il termine «996» fu reso noto in Cina, durante gli anni 2010, come pratica prevalentemente nelle aziende tecnologiche e promossa da figure come Jack Ma. Quei modelli nel frattempo hanno attirato forte critica per i rischi legati al burnout e perfino a esiti tragici per la salute dei lavoratori. Ora, questo paradigma sembra trovare nuova vita nella Silicon Valley, in una versione “americana”, forse più agguerrita, in cui la competizione per l’IA guida la rigidità degli orari.

Ciò che emerge è un paesaggio mitico ma anche problematico: giovani startup, fondate da pochi soci, che puntano non tanto a sopravvivere ma a dominare. «Chiunque svilupperà per primo l’IA dominerà il mercato» è un’affermazione che circola tra investitori e fondatori, secondo la quale “bisogna correre più veloce degli altri”.

In questa cornice, il lavoro è raccontato non solo come mezzo, ma come destino, come una gara contro il tempo. Per alcuni è una scelta entusiastica: un giovane ceo 24enne ha dichiarato di lavorare tutti i giorni, anche sabato e domenica, perché «per me non è lavoro, è come giocare a un videogioco».

Tuttavia, accanto a queste testimonianze entusiastiche, si presentano avvertimenti e critiche. Alcuni investitori esperti — come Didi Dass di Menlo Ventures — sottolineano che lunghe settimane non garantiscono automaticamente risultati migliori, anzi spesso favoriscono procrastinazione, esaurimento, perdita di creatività: «Il cervello ha bisogno di essere ricaricato», è la riflessione.

Così la cultura del “grind” si presenta con due volti: da un lato l’adrenalina di una sfida enorme, la sensazione che non si possa attendere, che occorra stringere i denti, spingere, sacrificare; dall’altro quella di un sistema che può erodere risorse personali, benessere, tempo libero — e forse fine della creatività stessa. In un certo senso, la Silicon Valley — che nei decenni passati ha spesso promosso ambienti ad alto ritmo, intensa competizione e lunghe ore — pare tornare a quell’idea estrema del lavorare senza tregua, ma questa volta con l’IA come carburante.

Questo fenomeno ci invita a riflettere su un punto più ampio: la relazione tra innovazione rapida, competizione globale e il valore che diamo al tempo, alla salute mentale, all’equilibrio tra lavoro e vita. Se le startup dell’IA sono convinte che la finestra sia stretta, e che occorra affrettarsi per conquistare il futuro, è anche vero che il futuro che si conquista va abitato, non solo conquistato. Forse la vera domanda è: quale tipo di futuro stiamo creando — e a che prezzo?

Di Fantasy