Il braccio di ferro geopolitico tra Stati Uniti e Cina sull’egemonia tecnologica sta plasmando in modi inattesi l’infrastruttura globale dell’Intelligenza Artificiale. Le rigide restrizioni imposte dagli USA sull’esportazione di semiconduttori ad alte prestazioni, essenziali per l’addestramento dei Modelli Linguistici di Grandi Dimensioni (LLM), stanno spingendo le maggiori aziende tecnologiche cinesi a una tattica di “esilio” digitale. Giganti come Alibaba e ByteDance stanno ampliando in modo aggressivo la loro capacità di training in data center situati al di fuori dei confini cinesi, in particolare nel Sud-Est Asiatico, trasformando nazioni come Singapore e la Malesia in hub vitali per lo sviluppo dell’IA cinese di prossima generazione.
Questa tendenza migratoria ha subito un’accelerazione significativa in seguito al rafforzamento delle normative statunitensi, culminato nell’aprile scorso con il divieto di esportazione anche del chip Nvidia ‘H20’, un modello appositamente depotenziato per il mercato cinese. Per le aziende impegnate a sviluppare LLM all’avanguardia, i chip di fascia alta di Nvidia rimangono un elemento insostituibile a causa del loro carico di calcolo esplosivo richiesto durante la fase di training. Non potendo acquisire o utilizzare questi componenti liberamente in patria, la soluzione è stata spostare l’operazione di addestramento dove i chip sono disponibili.
I data center nel Sud-Est Asiatico, dotati dei processori più potenti di Nvidia, stanno assistendo a una rapida espansione per soddisfare questa crescente domanda. La scelta di queste località offre ambienti operativi che eguagliano quelli utilizzati dalle grandi tech company statunitensi per l’addestramento dei propri LLM. La strategia adottata è ingegnosa e apparentemente legittima: le aziende cinesi stanno ampiamente aggirando le normative affittando spazi e capacità di calcolo da operatori locali. Questa manovra è stata facilitata dalla recente abrogazione da parte del Presidente Trump delle “regole di diffusione” introdotte dall’amministrazione Biden, regole che avrebbero reso più difficile l’accesso indiretto alla tecnologia statunitense attraverso terze parti.
L’entità di questo spostamento è dimostrata da episodi concreti. Precedentemente, il Wall Street Journal aveva rivelato che la startup di Shanghai INF Tech si era assicurata circa 2.300 GPU NVIDIA da una società di Giacarta, in Indonesia. Già a giugno, inoltre, era emerso che le aziende cinesi stavano esportando hard disk contenenti enormi quantità di dati in Malesia, dove i modelli potevano poi essere addestrati in loco. Gli esperti hanno analizzato tale condotta, definendola un “tentativo di aggirare le normative” che, tuttavia, non risulta illegale secondo l’attuale quadro normativo internazionale. La formazione condotta in queste regioni viene quindi considerata pienamente legittima dagli operatori dei data center locali.
Mentre l’opzione estera è diventata una variabile importante per aggirare le restrizioni sui chip più performanti, la Cina sta perseguendo simultaneamente una strategia parallela: l’autosufficienza tecnologica. L’esempio più lampante di questo approccio è DeepSeek, una società che sta guadagnando l’attenzione globale per i suoi modelli ad alte prestazioni e a basso costo. DeepSeek ha scelto di addestrare i suoi modelli all’interno della Cina, sfruttando un vasto cluster di chip NVIDIA che erano stati acquisiti prima dell’entrata in vigore delle sanzioni statunitensi.
Parallelamente, DeepSeek sta accelerando un cruciale programma di sviluppo congiunto per la realizzazione di chip di Intelligenza Artificiale di nuova generazione con aziende di semiconduttori cinesi, tra cui Huawei. Questa collaborazione è strategica: Huawei, in particolare, starebbe inviando team di ingegneri presso la sede centrale di DeepSeek per supportare attivamente il rafforzamento dell’ecosistema di IA domestico. Sebbene le aziende cinesi continuino a preferire i chip Nvidia nella fase ad alta intensità di calcolo del training, per la fase di inferenza (quella che gestisce le richieste effettive degli utenti) stanno rapidamente adottando i chip prodotti in Cina. Questo è un dato significativo, poiché il carico di lavoro complessivo dell’IA è sempre più spostato verso l’inferenza, accelerando di fatto l’adozione di soluzioni domestiche.
Nonostante la “strategia di formazione all’estero” offra un percorso vitale per l’accesso ai chip avanzati, esistono ancora vincoli operativi. Le normative cinesi sulla privacy e sull’esportazione dei dati sensibili non consentono che tali dati vengano trasferiti all’estero. Di conseguenza, qualsiasi fine-tuning personalizzato o lavoro che richieda l’utilizzo di dataset sensibili deve necessariamente rimanere confinato all’interno della Cina.
Nonostante questo limite, Alibaba e ByteDance stanno comunque espandendo l’accesso ai loro data center non solo nel Sud-Est Asiatico, ma anche in regioni come il Medio Oriente, mirando a servire clienti globali e ad ampliare le loro attività di cloud computing. In conclusione, la scelta di addestrare i modelli di IA nei data center del Sud-Est Asiatico non è un mero espediente logistico, ma è diventata una strategia fondamentale a seguito del rafforzamento delle normative statunitensi, trasformandosi in una delle variabili più decisive nel panorama competitivo globale dell’Intelligenza Artificiale.