Quando un’azienda grande come Amazon perde una figura di spicco del suo team IA, non è mai solo una questione interna: è un segnale che riverbera sulle sue strategie tecnologiche, sulle sue ambizioni sul fronte dell’intelligenza artificiale e sulle dinamiche di competizione con altri colossi. Nelle ultime ore, Amazon ha confermato che Karttik Ramarakrishnan, vicepresidente che ha guidato lo sviluppo dell’IA generativa in azienda, ha rassegnato le proprie dimissioni.
Ma come si è arrivati a questo epilogo, e cosa può dirci del momento che Amazon — e forse il settore IA in generale — sta vivendo?
Ramarakrishnan era in Amazon dal 2012. Nel corso degli anni ha partecipato attivamente alla creazione di Alexa e allo sviluppo di diverse componenti del software di riconoscimento vocale e comprensione del linguaggio. Negli ultimi tempi, ha assunto la responsabilità globale dello sviluppo dell’IA generativa, un’area sempre più centrale nelle strategie delle grandi tecnologie.
La goccia che ha fatto traboccare il vaso è arrivata da una riunione interna del CEO di AWS, il servizio cloud di Amazon. Secondo quanto riportato, in un meeting generale il CEO avrebbe rimproverato i dipendenti, esortando a accelerare le tempistiche di sviluppo dei prodotti. L’obiettivo era avere annunci significativi già all’evento annuale “Re:Invent”, previsto per dicembre.
Da qui, l’ufficialità: Ramarakrishnan si è dimesso, e Amazon ha confermato la cosa, ammettendo che la sua carriera in azienda si concluderà formalmente nei prossimi giorni.
Curiosamente, non è la prima uscita eccellente nell’area IA: già a giugno, un altro dirigente chiave — Vasi Philomin — aveva dato le dimissioni, mentre sempre in parallelo Amazon ha dovuto rimandare il lancio del suo assistente AI “Alexa” integrato alla generazione di testi.
In quel caso, il piano iniziale era prevedere il rilascio nel settembre 2024, ma poi è stato spostato a marzo 2025, inizialmente in forma limitata (per tester) prima di un rollout più ampio.
Dietro queste dimissioni emerge un tema ricorrente nell’industria tech: quanto spingere sui tempi rispetto al garantire maturità dei prodotti. Nel meeting pubblico citato, il CEO di AWS avrebbe detto che “non basta promettere innovazioni, bisogna realizzarle entro i tempi” e che i clienti vogliono prodotti concreti quando si parla, non solo annunci.
Il problema è che l’IA generativa—modelli linguistici complessi, integrazioni con servizi, sicurezza, mitigazione dei bias—non è qualcosa che si può accelerare a piacimento senza rischi. Ogni ritardo può minare la credibilità, ma ogni rilascio affrettato può portare a errori, vulnerabilità, fallimenti nella user experience.
Amazon, in passato, è stata spesso descritta come “ossessionata dall’esecuzione” — l’idea che non basti avere una visione, serva anche saperla concretizzare nei tempi giusti. Ma quando questo atteggiamento si trasforma in pressione interna troppo forte, può succedere che chi guida progetti chiave decida di mollare o cedere al carico.
Un altro elemento da considerare è che l’IA generativa non è l’unico fronte competitivo: Microsoft, Google, OpenAI, Meta e altre aziende stanno tutte correndo, e ogni ritardo percepito può costare terreno in termini di immagine, talenti, partnership e investimenti.
Dopo la partenza di un dirigente così influente, è probabile che Amazon debba ridefinire ruoli, impostare nuove responsabilità e trovare nuovi leader per colmare il vuoto. Questa fase può rallentare alcune iniziative, almeno nel breve termine.
La notizia della dimissione di Karttik Ramarakrishnan non è solo un fatto di risorse umane. È una finestra sul conflitto tra strategia, esecuzione e realtà tecnica nell’era dell’IA. Mostra che non basta voler innovare: bisogna anche sapere quell’innovazione come guidarla, con pazienza, consapevolezza dei rischi e rispetto per le complessità.
Per Amazon, è un momento di tensione e transizione. Per l’industria IA, è un promemoria che i modelli, le roadmap e la pressione esterna non sono tutto: servono cultura, leadership resiliente e spazi per l’evoluzione.