Secondo quanto riportato da Medical Express, i chatbot basati sull’intelligenza artificiale (AI) potrebbero offrire un valido aiuto contro la solitudine. Quando le persone si trovano sole, la loro fiducia può diminuire e possono sentirsi sempre più distanti dal mondo esterno. L’idea è che i chatbot possano fornire un’opportunità per praticare l’interazione sociale e aiutare a riacquistare fiducia.
Il professor Tony Prescott, esperto di robotica cognitiva all’Università di Sheffield, ha sottolineato che le relazioni con l’intelligenza artificiale possono fornire un sostegno simile all’interazione sociale. Egli ha definito questo nuovo campo di studio “Psicologia dell’intelligenza artificiale”.
La solitudine può far precipitare le persone in un “circolo vizioso”, poiché la mancanza di contatti sociali può portare a un crescente isolamento e alla perdita di fiducia. Pertanto, le conversazioni con i chatbot potrebbero diventare un modo per esercitarsi socialmente e migliorare l’autostima, offrendo sicurezza e abilità conversazionali.
La solitudine è un problema più serio di quanto molti pensino. Un rapporto recente ha rivelato che può essere più dannosa per la salute dell’obesità. Inoltre, studi precedenti hanno evidenziato come la solitudine possa aumentare il rischio di malattie cardiovascolari, demenza, depressione e altro ancora.
Nel Regno Unito, circa il 5,6% della popolazione soffre di solitudine cronica, mentre negli Stati Uniti la percentuale è ancora più alta. Di fronte a questo scenario, l’idea di avere un compagno basato sull’intelligenza artificiale per l’interazione sociale potrebbe essere di grande aiuto.
Tuttavia, il professor Prescott avverte sui rischi legati all’eccessiva dipendenza dall’intelligenza artificiale e suggerisce che dovrebbe essere progettata per riportare gli utenti alla realtà dopo lunghe interazioni. Egli sottolinea l’importanza di una regolamentazione adeguata.
Il professor Prescott, con la sua vasta esperienza nell’integrazione tra il cervello umano e l’intelligenza artificiale, vede un grande potenziale nell’avanzamento della psicologia e dell’IA. Egli crede che questa collaborazione possa portare a una migliore comprensione sia dell’intelligenza naturale che di quella artificiale, contribuendo a definire il nostro rapporto con la tecnologia.