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La Cina ha avviato un ambizioso progetto per costruire una rete di “supercomputer spaziali” in orbita terrestre bassa, capaci di elaborare dati direttamente nello spazio sfruttando l’intelligenza artificiale. L’obiettivo è creare un’infrastruttura di calcolo di nuova generazione composta da migliaia di satelliti interconnessi che non dipendono più esclusivamente dalle stazioni a terra per la raccolta e l’analisi delle informazioni.

Il 18 maggio, Space News ha riportato il successo del lancio dei primi 12 satelliti di un progetto più ampio che prevede il dispiegamento complessivo di circa 2.800 satelliti nell’ambito del programma denominato “Star Compute”. Questi primi satelliti sono stati realizzati congiuntamente dalla società privata cinese ADA Space, dal Zhejiang Research Institute e dalla Neijiang High-Tech Zone, tutte realtà impegnate nella provincia cinese di Zhejiang.

Questi satelliti sono stati progettati per essere autonomi, grazie a potenti modelli di intelligenza artificiale integrati con 8 miliardi di parametri ciascuno. Possono eseguire fino a 744 trilioni di operazioni al secondo, e combinando le capacità di tutti e 12 i satelliti lanciati si raggiunge una velocità di calcolo complessiva di 5 peta operazioni al secondo (POPS). Questo valore supera di gran lunga la potenza richiesta dal PC Copilot di Microsoft, che si aggira attorno ai 40 trilioni di operazioni al secondo (TOPS). Il governo cinese punta a lungo termine a realizzare una rete di satelliti in grado di offrire una capacità complessiva di 1.000 POPS.

Un elemento chiave di questa rete è la comunicazione laser tra i satelliti, che permette un trasferimento dati a velocità fino a 100 gigabit al secondo. La costellazione dispone inoltre di 30 terabyte di spazio di archiviazione condiviso e di strumenti scientifici avanzati, come un rilevatore di polarizzazione per raggi X, utile a studiare fenomeni cosmici come i lampi gamma. Questi satelliti possono anche generare dati digitali gemelli in 3D, applicabili in ambiti come la gestione delle emergenze, i videogiochi e il turismo spaziale.

A differenza dei sistemi satellitari tradizionali, che trasmettono a terra meno del 10% dei dati raccolti, questa nuova infrastruttura permette di elaborare le informazioni direttamente nello spazio, riducendo notevolmente i ritardi dovuti alla trasmissione verso la Terra.

Jonathan McDowell, astronomo e storico dello spazio dell’Università di Harvard, ha sottolineato come i futuri centri dati spaziali potranno utilizzare la luce solare come fonte di energia e dissipare il calore generato direttamente nello spazio, risultando più efficienti dal punto di vista energetico e con minori emissioni di carbonio rispetto ai data center terrestri. McDowell ha inoltre ipotizzato che Stati Uniti ed Europa potrebbero intraprendere progetti simili nei prossimi anni, aprendo la strada a una nuova era di calcolo distribuito nello spazio.

Di Fantasy