Il settore dei servizi informatici sta assistendo a una trasformazione epocale, guidata dall’adozione massiccia di strumenti di intelligenza artificiale capaci di generare codice. Questi AI coding assistants, con la loro abilità di produrre rapidamente il cosiddetto codice boilerplate – ovvero quelle sezioni di codice ripetitive e standardizzate necessarie per configurare progetti, classi e moduli – hanno promesso di innalzare la produttività degli sviluppatori a livelli mai visti. In effetti, l’IA sta mantenendo questa promessa: il codice viene prodotto più velocemente, i compiti di routine vengono automatizzati, e i team possono dedicare più tempo alla logica di business complessa e all’innovazione.

L’impatto immediato della generazione automatica di codice boilerplate è innegabile. Per uno sviluppatore, dover scrivere manualmente le definizioni di classi, i metodi getter e setter, le configurazioni di logging o le interfacce di base è un lavoro noioso e dispendioso in termini di tempo. Gli strumenti AI intervengono proprio qui, agendo come un copilota instancabile che genera questi scheletri di codice con una rapidità impressionante. Questo non solo accelera il ciclo di sviluppo ma permette anche ai programmatori meno esperti di avviare progetti con strutture solide, riducendo le barriere all’ingresso in tecnologie complesse. La velocità è diventata la nuova valuta del settore IT, e l’IA è la zecca che la conia. Le aziende di servizi informatici possono promettere tempi di consegna più brevi e una maggiore reattività alle esigenze dei clienti, capitalizzando questa nuova efficienza.

Tuttavia, sotto questa superficie scintillante di produttività si nasconde un rischio insidioso e di lungo periodo: l’accumulo di un profondo e oneroso debito tecnologico. Il codice boilerplate, per sua natura, è spesso meno esaminato criticamente e, quando viene generato dall’IA, tende ad essere accettato quasi per fede. La tentazione è quella di premere semplicemente “accetta” senza una revisione approfondita.

Qui sorge il primo problema: l’IA non è infallibile. Sebbene il codice generato possa essere sintatticamente corretto, potrebbe non essere ottimizzato in termini di prestazioni, non aderire alle best practice aziendali o, peggio ancora, contenere vulnerabilità di sicurezza silenziose. Il codice generato in fretta, se non sottoposto a un rigoroso refactoring e a un’attenta revisione da parte di un umano, può trasformarsi in un legacy code fragile e difficile da mantenere.

Il vero debito tecnologico si manifesta quando il sistema deve evolvere. Man mano che la base di codice cresce, alimentata dal boilerplate generato automaticamente, il costo per comprendere, modificare e debuggare quelle sezioni standardizzate aumenta esponibilmente. Gli sviluppatori successivi – o persino gli stessi sviluppatori a distanza di mesi – impiegheranno tempo prezioso a decifrare il codice prodotto da una macchina, un codice che manca della coerenza stilistica e delle note esplicative che solo una scrittura umana intenzionale può fornire.

Il boom del boilerplate guidato dall’IA richiede, quindi, un cambio di mentalità nel modo in cui il codice viene scritto e gestito nei servizi IT. La chiave non è abbandonare questi strumenti potenti, ma imparare a utilizzarli con discernimento e disciplina. Gli sviluppatori non devono diventare semplici accettatori passivi, ma curatori e revisori critici del codice generato.

Le aziende devono investire in pipeline di controllo qualità che includano strumenti di analisi statica più rigorosi e sessioni di revisione del codice più mirate, anche per il codice che sembra banale. Solo così potranno garantire che la spinta alla velocità offerta dall’IA non si traduca in un debito tecnologico nascosto che, nel lungo periodo, minerà la scalabilità, la sicurezza e la sostenibilità dei progetti. L’IA è uno strumento straordinario per l’accelerazione, ma il giudizio, la manutenzione e la responsabilità sul codice rimangono, oggi più che mai, prerogative umane.

Di Fantasy