Nell’ambito dell’intelligenza artificiale, la personalizzazione dei modelli linguistici di grandi dimensioni (LLM) è fondamentale per applicazioni specifiche. Due approcci principali per adattare questi modelli a compiti concreti sono il fine-tuning e l’in-context learning. Recenti studi condotti da Google DeepMind e Stanford University hanno approfondito le differenze tra questi metodi, fornendo indicazioni preziose per sviluppatori e ricercatori.
Il fine-tuning implica l’ulteriore addestramento di un LLM su un dataset specifico per un compito particolare. Questo processo modifica i parametri interni del modello, permettendo un adattamento profondo alle esigenze specifiche. Tuttavia, richiede un dataset etichettato di alta qualità e risorse computazionali significative.
L’in-context learning, invece, non modifica i parametri del modello. Consiste nel fornire al modello esempi pertinenti direttamente nel prompt, permettendogli di adattarsi al compito in tempo reale. Questo approccio è più flessibile e meno costoso in termini di risorse, ma può risultare meno preciso rispetto al fine-tuning.
Gli studi suggeriscono che una combinazione dei due approcci potrebbe offrire vantaggi significativi. Ad esempio, l’uso di tecniche come il Prompt Tuning con Fine-tuning (ProMoT) permette di mantenere la generalizzazione del modello, riducendo al contempo la specializzazione eccessiva su un singolo compito. Queste strategie mirano a ottimizzare l’efficienza e la precisione dei modelli linguistici.
