Dietro ogni modello di intelligenza artificiale, nascosta sotto lo splendore delle architetture e degli algoritmi, c’è una questione tanto tecnica quanto pragmatica: quanto costano davvero le GPU che supportano l’inferenza?

Il nodo centrale del ragionamento è sottile, ma cruciale: molti benchmark pubblici mostrano “token al secondo” su un modello, mettendoli in fila sotto nomi di GPU — ma raramente dicono quale modello, quale carico di lavoro, quale contesto. In altre parole, questi numeri sono spesso astratti, incapaci di dire se per la tua applicazione, con quel modello e quel dataset, stai usando l’hardware in modo efficiente.

SemiAnalysis, l’istituto che ha creato il benchmark InferenceMAX, si propone di far luce su questo buco informativo. Il suo strumento automatizzato esegue ogni notte test di inferenza per tracciare le prestazioni reali, contestualizzate, dei modelli sulle GPU disponibili.

La questione diventa rilevante soprattutto perché, nel mondo dell’AI, “inferenza” non è un concetto secondario: dopo aver addestrato un modello (la fase costosa e complessa), l’inferenza è ciò che succede ogni volta che quel modello risponde a un input — in un chatbot, in un servizio di raccomandazione, in un’applicazione embedded. È l’“operatività” dell’AI, e il suo costo si somma ogni volta che il modello lavora. Se usi GPU sovradimensionate, o se scegli un’architettura GPU inadatta alle tue esigenze di latenza, efficienza energetica o throughput, puoi finire per pagare molto più del necessario.

Le GPU non sono statiche: ricevono aggiornamenti software settimanali, driver che cambiano, ottimizzazioni che possono alterare le prestazioni reali in contesti specifici — e molti benchmark “classici” non tengono conto di queste variazioni. Inoltre, alcune GPU possono eccellere in un modello (Transformer, CNN, modelli a basso bit) e soffrire in altri carichi; non esiste una GPU “migliore per tutti”.

È per questo che strumenti come InferenceMAX cercano di dare una risposta concreta, misurabile e contestuale: non “la GPU X è 2× migliore”, ma “con questo modello, in questa condizione, ottieni questo guadagno effettivo”. È un approccio più responsabile per chi spende milioni in infrastruttura AI.

Tuttavia, dietro queste valutazioni pratiche c’è una tensione più ampia: la supremazia percepita di Nvidia nell’infrastruttura AI — grazie all’ecosistema CUDA, all’adozione generalizzata e al momentum economico — rende spesso le scelte “sicure” quelle che confermano il dominio. Chi osa valutare alternative finisce spesso penalizzato dal giudizio del mercato più che dall’effettiva competitività della soluzione. E la trasparenza dei benchmark può rompere un po’ quello schema.

Il panorama hardware si arricchisce anche di competitor emergenti: oltre al confronto tra AMD o Nvidia, si intravede l’arrivo di acceleratori specializzati e NPU (Neural Processing Units) che sfidano la pretesa di dominio assoluto delle GPU. Un recente studio accademico, “Debunking the CUDA Myth Towards GPU-based AI Systems”, mette in luce come soluzioni come Intel Gaudi possano ottenere efficienza comparabile ad alcune GPU Nvidia nel contesto dell’inferenza, con margini di miglioramento legati alla maturità del software ecosistema.

Di Fantasy