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Nella fisica, come in molte discipline scientifiche, alcuni concetti sembrano appartenere a mondi lontani — strutture geometriche ripetitive come i frattali, che ammirate in foglie, rami di alberi, fiocchi di neve o sistemi nervosi, appaiono piuttosto come bellezze visive, artistiche o matematiche. Poi emerge un progetto di ricerca che ricuce quel velo separatore e mostra che questi stessi schemi possono avere un ruolo fondamentale anche nei materiali e nei dispositivi quantistici. È questo che ha fatto un gruppo di ricercatori guidato dal Dr. Biplab Pal del Nagaland University, replicando strutture frattali naturali in sistemi quantistici e aprendo nuove vie per la tecnologia quantistica.

Il punto di partenza dello studio è piuttosto suggestivo: gli scienziati hanno preso in prestito dalla natura forme come ramificazioni, geometrie che si ripetono su scala diversa (cioè i frattali), e le hanno fatte emergere in sistemi quantistici. Non si tratta di semplici immagini, ma di simulazioni: come si comportano gli elettroni quando vengono messi sotto un campo magnetico all’interno di un materiale che non ha una struttura cristallina ordinata, ma che può avere strutture frattali. In altre parole, l’elemento innovativo è trasferire l’idea del frattale — tipicamente associata a modelli ripetitivi, irregolarità organizzate, scale multiple — al mondo quantistico, tipicamente dominato da studi su materiali cristallini.

Ciò che rende la ricerca particolarmente interessante è che in genere i dispositivi quantistici vengono pensati su materiali ben ordinati, strutture cristalline che rendono prevedibile il comportamento degli elettroni, del moto quantistico, delle interazioni. Qui invece il team ha indagato materiali amorfi o non cristallini, che però possano essere engineered (cioè progettati) per incorporare proprietà frattali. Questo non solo apre nuove opzioni di materiali, ma suggerisce che le limitazioni imposte dall’ordine cristallino non siano necessariamente un vincolo invalicabile.

Gli elettroni, nel contesto dello studio, vengono “osservati” (nel senso di simulati) sotto l’effetto di campi magnetici, dentro geometrie frattali. Emergono fenomeni che potrebbero essere rilevanti per il disegno di dispositivi quantistici futuribili: per esempio, la capacità di confinare elettroni o manipolare stati elettronici in modi che offrano vantaggi per memoria quantistica, per la logica quantistica, per algoritmi specifici in informatica quantistica. Un fenomeno evocato dallo studio è l’Aharonov-Bohm caging, un effetto quantistico che permette di “catturare”, localizzare elettroni in geometrie particolari: immagini gli elettroni confinati da bordi che si comportano non come in un metallo ordinario, ma come se fossero intrappolati da geometrie imposte che traducono il frattale in un vincolo fisico.

Altro aspetto che fa sperare: usare materiali amorfi non cristallini — tradizionalmente considerati meno “controllabili” — come base per dispositivi quantistici. Se materiali non cristallini possono essere opportunamente “modellati” per includere strutture frattali che diano determinate proprietà, allora la gamma di materiali utili nella ricerca quantistica si allarga molto. Non si è più vincolati a pochi materiali perfettamente ordinati, ma si può esplorare un universo più ampio, potenzialmente più economico, più flessibile, meno soggetto ai difetti tipici dei cristalli perfetti.

Questa ricerca non è un esercizio puramente teorico. Le implicazioni concrete potrebbero essere molte. Per esempio, progettare dispositivi nanoelettronici frattali, che incorporino nei loro elementi strutture ripetitive su scala piccola, dove gli elettroni possono avere comportamenti controllati in modi nuovi. In applicazioni di memoria quantistica, se l’Aharonov-Bohm caging o altri effetti legati al confinamento o al controllo degli stati elettronici funzionano bene, potrebbero dare stabilità o efficienza in più. Anche sul versante algoritmico: avere materiali che rispondono in modi prevedibili sotto campi, stimoli quantistici, potrebbe aiutare nello sviluppo di algoritmi quantistici che sfruttano queste geometrie, o nel progettare hardware quantistico che si integra meglio con questi algoritmi.

Non bisogna però lasciarsi trasportare troppo dall’ottimismo: molte sfide restano aperte. Prima di tutto la simulazione teorica è un passo importante, ma portare un risultato in laboratorio, in dispositivo reale, con stabilità, controlli, tolleranza ai difetti è assai più difficile. I materiali amorfi sono notoriamente più incerti, meno uniformi, spesso con difetti che degradano le prestazioni. Inoltre, la scalabilità: qualcosa che funziona su scala microscopica, con poche unità, in condizioni ben controllate, può diventare molto fragile su scala maggiore, specialmente per applicazioni pratiche. La dissipazione, il rumore quantistico, la decoerenza sono problemi che crescono con la complessità.

Anche il controllo degli stati elettronici e dell’interazione con campi magnetici, la temperatura, la purezza del materiale, la riproducibilità sono aspetti che in molti studi teorici restano “ideali”. Realizzarli in dispositivi pragmatici richiede ingegneria avanzata, sperimentazione, tempi, risorse.

La ricerca di Nagaland University rappresenta un esempio significativo del ponte che può essere costruito tra matematica, geometria naturale, fisica fondamentale e applicazioni tecnologiche di frontiera. Nei progetti quantistici, spesso si tende a concentrare l’attenzione su materiali noti, dispositivi raffinati, algoritmi complessi; ma le idee che emergono dalla natura, come i frattali, possono portare intuizioni che aiutano a superare limiti consolidati.

In un certo senso, è la conferma che l’innovazione può nascere anche guardando al mondo intorno a noi — alle forme naturali, alle geometrie spontanee — e chiedendosi se non possano essere “tradotte” nel linguaggio della fisica quantistica per fornire nuove proprietà, nuovi materiali, nuovi modi di costruire dispositivi.

Di Fantasy