Negli ultimi mesi, Oracle ha alzato il tiro: non si limita più a offrire infrastrutture cloud o servizi tradizionali, ma sta scommettendo tutto su un concetto più ambizioso e complesso, con l’obiettivo di trasformare profondamente il modo in cui le imprese usano l’intelligenza artificiale. La sua visione per il futuro — illustrata in occasione della conferenza Oracle AI World 2025 — è quella di rendere l’AI non solo un sistema di supporto, ma un vero e proprio “cervello operativo”, capace di prendere iniziative, orchestrare flussi di lavoro e gestire processi complessi in autonomia, grazie all’agentic AI.
Per farlo, Oracle ha messo in campo una strategia a 360 gradi: da un lato la sua infrastruttura cloud — Oracle Cloud Infrastructure (OCI) — potenziata con hardware e servizi robusti pensati per l’AI; dall’altro una suite di strumenti e applicazioni enterprise già note (ERP, CRM, gestione delle risorse umane, supply-chain, finanza…), oggi arricchite con capacità agent-based.
Il fulcro della proposta è Oracle AI Agent Studio, una piattaforma pensata per creare, implementare e gestire “agenti intelligenti”: componenti software capaci di comporre operazioni complesse, interagire con basi dati, orchestrare flussi di lavoro e perfino cooperare tra loro quando serve — superando la tradizionale distinzione tra un’AI che risponde a comandi e un sistema capace di agire con autonomia.
In pratica, queste agent-based applications possono automatizzare compiti ripetitivi o laboriosi, come la contabilità, la gestione di acquisti e forniture, la pianificazione finanziaria, l’elaborazione di atti HR, la gestione della supply-chain, l’ordinazione e la logistica, il customer service. In molti casi, senza richiedere all’utente finale di toccare codice o configurare complessità tecniche, grazie a interfacce “human-friendly” (chat, prompt, interazione naturale).
Un altro elemento centrale della strategia di Oracle è l’approccio “multi-modello” e “agnostico”: l’azienda non punta su un singolo modello di AI, ma permette di integrare modelli diversi — proprietari, open-source o di terze parti — all’interno della stessa infrastruttura, dando libertà di scelta alle aziende. Questo aspetto ha anche un forte valore in termini di governance e sovranità dei dati, tema sempre più sensibile per le imprese che gestiscono informazioni sensibili.
Il tutto si accompagna a una forte attenzione all’integrazione: l’agentic AI non arriva come un “pezzo esterno”, ma viene incastonata nelle applicazioni soprattutto per l’uso enterprise — ERP, CRM, supply-chain, gestione risorse umane — rendendola parte del flusso operativo, non un’esperienza isolata. In questo modo Oracle spera di abbassare la soglia di ingresso per le aziende: non serve un dipartimento AI dedicato, né una ristrutturazione radicale — basta adottare le sue soluzioni integrate.
Secondo Oracle, questo posizionamento può essere la chiave per dominare la “era dell’agentic AI”. La combinazione di infrastruttura robusta, applicazioni mature, agenti pre-costruiti e flessibilità di modelli, può far leva su un vantaggio competitivo importante: offrire automazione avanzata e intelligenza operativa concreta a imprese che finora guardavano all’AI con cautela, per via di costi, complessità o rischio.
Va tuttavia considerato che l’agentic AI non è una magia. Il valore concreto per un’azienda dipende fortemente da come vengono modellati i processi, da quanto siano strutturati i dati, da come si gestisce la governance e la sicurezza, da come si definiscono gli obiettivi e da quanto ci si impegna in una fase di adozione reale. Il passaggio da un’idea di “AI che suggerisce” a un’“AI che agisce” richiede visione, competenza e un approccio cauto ma deciso.