Il campo del calcolo quantistico, finora confinato prevalentemente all’ambiente di laboratorio e alla ricerca di nicchia, si appresta a compiere un salto di qualità epocale, mirando a trasformare i computer quantistici da rari prototipi a supercomputer di nuova generazione, producibili in serie. A orchestrare questa ambiziosa transizione è la neonata “Quantum Scaling Alliance”, un consorzio di forze guidato da Hewlett Packard Enterprise (HPE) che ha saputo unire alcune delle menti più brillanti del settore, inclusi esperti di fama mondiale e leader nell’industria dei semiconduttori.
L’annuncio di HPE, avvenuto di recente, ha messo in luce la collaborazione strategica con il professor John M. Martinis, figura di spicco e vincitore del premio Nobel per la fisica di quest’anno. L’obiettivo primario di questa alleanza è chiaro: far evolvere i computer quantistici oltre la fase di ricerca e renderli dispositivi pratici, affidabili e, soprattutto, scalabili a livello industriale. Si tratta di un obiettivo cruciale, poiché i computer quantistici detengono la promessa di rivoluzionare intere discipline – dalla chimica alla medicina, fino alla scienza dei materiali – risolvendo in poche ore problemi che i supercomputer classici impiegherebbero migliaia di anni a decifrare.
Nonostante l’enorme potenziale, giganti tecnologici come IBM, Microsoft e Google, pur investendo massicciamente nello sviluppo di queste tecnologie, sono ancora limitati dalla natura quasi “artigianale” del processo produttivo. Attualmente, la creazione di un quantum computer è un’operazione manuale, confinata a piccoli team di ricerca specializzati.
Il professor Martinis ha espresso con forza la necessità di superare questo collo di bottiglia: “Fin dagli anni ’80, i chip quantistici sono stati prodotti in piccole quantità utilizzando una sorta di metodo ‘artigianale’. Ora è giunto il momento di passare a un sistema di produzione specializzato, che emuli la sofisticazione e l’efficienza dell’industria dei semiconduttori.” Attraverso questa Alleanza, il suo obiettivo è quello di rendere i chip quantistici producibili in serie, con una logica simile a quella che oggi regola la produzione dei chip per i telefoni cellulari e i server di intelligenza artificiale. L’esperienza di Martinis, che in precedenza ha guidato lo sviluppo del calcolo quantistico in Google e ha dimostrato sperimentalmente la cosiddetta “supremazia quantistica”, è fondamentale per la riuscita di questa missione.
La “Quantum Scaling Alliance” è stata costruita per sfruttare l’integrazione degli ecosistemi industriali già esistenti. Ne fanno parte colossi come Applied Materials, leader nelle apparecchiature per semiconduttori, e Synopsys, specializzata in software per la progettazione di chip, affiancati da importanti startup di tecnologia quantistica come 1QBit, Quantum Machines e Riverain, oltre al supporto accademico dell’Università del Wisconsin. L’intenzione è quella di armonizzare l’automazione della progettazione dei chip e la standardizzazione delle attrezzature di produzione – pilastri del mondo dei semiconduttori – con le tecnologie quantistiche ancora in fase embrionale.
Masoud Mohseni, responsabile delle tecnologie quantistiche presso HPE, ha sottolineato l’importanza della scalabilità: “Il calcolo quantistico assume una dimensione completamente nuova semplicemente passando da centinaia a migliaia di qubit.” Per realizzare questa visione, ha aggiunto Mohseni, “abbiamo bisogno di standard di settore chiari per integrare i sistemi quantistici con i supercomputer convenzionali.” Questa visione ibrida, che combina potenza quantistica e stabilità classica, non è nuova per HPE. Già l’anno scorso, Mohseni e il professor Martinis avevano delineato un progetto in tal senso con circa 30 ricercatori, e questa Alleanza rappresenta l’azione concreta per tradurre quel piano in realtà commerciale e operativa. L’ambizione è chiara: liberare il calcolo quantistico dai confini dei laboratori per lanciarlo nell’industria, trasformandolo in un motore di innovazione accessibile su vasta scala.