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Nella sorveglianza e nella rilevazione militare, spunta un nome che suona come fantascienza ma che oggi è sempre più concreto: il Quantum Radar. Questa tecnologia emergente sfrutterebbe i principi dell’entanglement quantistico per percepire oggetti che sfuggono ai radar convenzionali, come velivoli stealth, missili o droni schermati. L’idea di fondo è allo stesso tempo elegante e ambiziosa: se riesce, potrebbe capovolgere i paradigmi della guerra elettronica e della difesa aerea.

Ma cosa significa davvero “radar quantistico”, come funziona, e soprattutto quali ostacoli deve superare prima di diventare operativo? I radar convenzionali sono strumenti che emettono onde (radio o microonde), aspettano che queste rimbalzino su un oggetto e poi ne analizzano l’eco: tempi, direzione, intensità. Tuttavia, quando un oggetto è progettato per essere “invisibile” – ad esempio mediante superfici assorbenti, geometrie angolate o materiali specifici – l’eco può risultare troppo debole o dispersa per essere captata efficacemente.

Il radar quantistico, al contrario, introduce un meccanismo radicalmente diverso: emette coppie di fotoni entangled, una parte (detta “segnale” o signal) viene trasmessa verso l’oggetto, l’altro (detto “idler”) viene trattenuto al sistema trasmettitore. Quando il fotone del segnale rimbalza su un oggetto e torna, si verifica che l’entanglement si rompe o cambia; ma confrontando statisticamente il fotone ritornato con l’idler, si può – almeno in teoria – rilevare anche ritorni estremamente deboli, perché si sa che quei pochi fotoni identificati sono provenienti dal proprio sistema e non rumore casuale.

In parole più semplici: mentre un radar tradizionale cerca un’eco – che può essere sommersa dal rumore di fondo – il radar quantistico inserisce un “marchio” quantistico nei propri fotoni, in modo che anche se solamente un piccolo numero di essi torna indietro, il sistema può dire “questi sono i miei fotoni, torno da me, c’è qualcosa lì”. Questo consente potenzialmente di rilevare obiettivi schermati o poco riflettenti. Secondo la teoria, l’approccio quantum illumination (introdotto intorno al 2008) consente un vantaggio significativo nel rapporto segnale/rumore rispetto ai radar convenzionali in condizioni difficili.

Nonostante le promesse, siamo ancora nella fase “laboratorio più che campo operativo”. Nel corso degli ultimi anni sono stati realizzati prototipi e dimostrazioni: ad esempio, in Canada un sistema ha mostrato una sensibilità molto migliore rispetto a un radar classico nei test controllati; in Austria un radar quantistico a microonde è stato sperimentato a bassissime temperature in condizioni molto controllate.

Tuttavia, le sfide sono enormi. Mantenere l’entanglement su lunghe distanze, attraversare atmosfera turbolenta, condizioni operative variabili e potenzialmente avverse, è tecnologicamente complesso. Le apparecchiature richiedono spesso raffreddamento criogenico, ambienti molto controllati e sono vulnerabili alle condizioni reali del teatro operativo. Per ottenere portate utili (decine o centinaia di chilometri), risoluzione elevata e affidabilità, il percorso è lungo. L’articolo lo spiega chiaramente: la tecnologia è “promettente, ma non ancora praticabile su vasta scala”.

Un ulteriore nodo riguarda la distorsione delle promesse mediatiche: alcune nazioni – la Cina in particolare – hanno fatto annunci spettacolari (ad esempio un radar quantistico in grado di rilevare a 100 km un velivolo stealth) che non sono stati verificati indipendentemente. L’articolo segnala che la corsa è reale, ma che occorre scindere l’assette fisica delle affermazioni da quelle che sono dimostrazioni affidabili.

La ragione per cui questo campo suscita tanta attenzione è semplice: la tecnologia stealth – ossia la capacità di un velivolo, di un missile, o di un drone di restare “invisibile” al radar – ha rappresentato per decenni uno dei cardini della superiorità militare. Se un radar quantistico dovesse effettivamente permettere di “vedere l’invisibile”, allora quell’assetto strategico cambia.

Un radar quantistico operativo potrebbe indebolire l’efficacia degli aerei stealth, rendere più vulnerabili gli assetti strategici basati su furtività, e obbligare a ripensare le misure di difesa, dall’aviazione ai missili balistici, fino alle piattaforme navali. L’articolo di Unite.AI evidenzia che proprio per questo motivo molti governi e contractor investono ingenti risorse nella ricerca quantum-sensing.

Inoltre, l’interesse non è solo militare: sensori quantistici migliorati potrebbero avere applicazioni civili e commerciali nella sicurezza, nelle infrastrutture critiche, nel rilevamento radar a bassa visibilità (ad esempio droni clandestini, sorveglianza urbana, navigazione in ambienti complessi). Quindi il potenziale campo d’azione supera il mero ambito difensivo.

Cosa possiamo aspettarci nel prossimo futuro? La transizione dal laboratorio al campo operativo richiederà passi graduali: versioni iniziali di radar quantistici a corto raggio o in ambienti controllati potrebbero comparire prima dei sistemi a lungo raggio e tattici. Ciò significa che la prima generazione potrebbe essere utilizzata per sorveglianza costiera, protezione di basi, difesa navale ravvicinata, più che per grandi show aerei globali.

Parallelamente, la competizione internazionale si farà più forte: paesi che sviluppano questi sensori potrebbero acquisire vantaggi di intelligence e difesa rilevanti. E questo, come segnala l’articolo, spinge anche una risposta in termini di contromisure: se il radar quantistico diventerà praticabile, nascerebbe una “stealth del futuro” contro la “radar quantistica del futuro” – ovvero una nuova corsa per eludere o neutralizzare questi sistemi.

Di Fantasy