Immagine AI

Quando si parla di innovazione nel settore militare, pochi annunci suscitano l’attenzione come quello dell’azienda statunitense Shield AI, che ha tolto il velo al suo progetto più audace finora: il drone da combattimento autonoma X-BAT. Non si tratta di una semplice evoluzione delle tecnologie esistenti, bensì di un’idea che vuole ridefinire il concetto stesso di artiglieria aerea e di proiezione di potenza.

L’evento ufficiale di presentazione, svoltosi a Washington D.C. il 22 ottobre 2025, ha mostrato un modello statico del velivolo — una piattaforma senza pilota, a decollo e atterraggio verticale (VTOL), progettata per operare in scenari in cui le basi tradizionali e le piste di volo sono assenti o vulnerabili. Al centro del progetto c’è il software Hivemind, l’intelligenza artificiale sviluppata dall’azienda che ha già avuto impiego in altri velivoli autonomi.

Dal punto di vista tecnico, l’X-BAT è concepito come un velivolo multi-ruolo: in grado di operare come drone wingman, cioè affiancarsi a velivoli con pilota, oppure di agire autonomamente come unità indipendente. Le specifiche riportano che potrà decollare e atterrare verticalmente, essere lanciato da piattaforme mobili o improvvisate (come navi, isole o trailer), e coprire distanze che si misurano nell’ordine di oltre 2.000 miglia nautiche (circa 3.700 km) con un carico utile. Questo è un salto significativo rispetto a molte piattaforme senza pilota tradizionali, che restano legate a piste, infrastrutture fisse o operazioni in condizioni relativamente controllate.

L’azienda afferma che l’X-BAT sarà «affordable e attritable», ovvero concepito per essere prodotto a costi molto più bassi rispetto ai caccia tradizionali di quinta generazione. Alcune fonti parlano di un prezzo intorno ai 27 milioni di dollari per unità, contro i cento e oltre milioni che caratterizzano i velivoli pilotati ad alto costo.

Un tale margine di costo cambia radicalmente l’equazione dell’uso della potenza aerea, perché suggerisce che invece di inviare pochi velivoli molto costosi, si potrebbe puntare su una schiera più vasta di unità autonome meno costose ma comunque capaci di operazioni complesse.

Dal punto di vista operativo, l’idea è quella di dotare forze militari (statunitensi e alleate) di asset aerei che non richiedano basi consolidate, piste attrezzate o supporto logistico intensivo, riuscendo a spostarsi rapidamente e ad operare in territori o mari «contestati» o difficili. In altre parole: mobilità, dispersione, ridondanza e resilienza diventano parole-chiave. L’X-BAT viene presentato come parte di una strategia più ampia di “distributed combat airpower”, che limita i carichi logistici tradizionali e che cerca di evitare che l’aviazione resti vulnerabile come in passato.

Naturalmente, non manca la componente tecnologica che attira non solo per le funzionalità ma per le implicazioni che porta con sé. L’intelligenza artificiale al comando, l’operare in ambienti dove GPS o comunicazioni possono essere degradate o negate, la capacità di agire sia in alleanza con velivoli con pilota che in autonomia: tutto questo propone un cambio di paradigma. La leadership di Shield AI stessa sottolinea che combinare pilotaggio AI + VTOL + missione di combattimento non è mai stato fatto in un unico sistema di nuova generazione.

Tuttavia, come sempre accade con progetti tanto ambiziosi, restano molte domande: qual è lo stato reale di maturazione della piattaforma? Quali prove di volo sono già state compiute? Alcune fonti indicano che i test di decollo e atterraggio verticale potrebbero iniziare non prima della fine del 2026, e un’immissione operativa completa è prevista forse verso il 2028.

C’è però un’altra prospettiva: quella della geopolitica e della concorrenza globale. In un contesto in cui varie potenze cercano vantaggi nell’autonomia militare, nei sistemi senza pilota e nella riduzione della vulnerabilità delle infrastrutture, un sistema come l’X-BAT può diventare simbolo e strumento. Shield AI, fondata nel 2015 con l’obiettivo dichiarato di proteggere i militari e i civili tramite sistemi intelligenti, non sta semplicemente presentando un nuovo drone ma proponendo un modello.

Per l’Italia, per l’Europa, per chiunque guardi con interesse al futuro della difesa e della sicurezza, ciò significa che occorre riflettere su cosa significhi “cielo” e “contesto operativo” nel decennio che abbiamo davanti. Non più solo grandi basi, grandi aerei, grandi logistiche, ma forse reti distribuite, modulari, autonome. E la domanda non è solo “chi avrà questi droni”, ma “chi saprà integrarli, gestirli, controllarli e farli convivere con piloti umani, alleanze internazionali, vincoli legali e morali”.

Di Fantasy