Nel mondo musicale odierno, dove l’autenticità e l’interazione diretta con il pubblico sono spesso considerati valori fondamentali, emerge una figura che sfida queste convenzioni: Velvet Sundown. Questa band, se così possiamo chiamarla, ha rapidamente accumulato oltre 850.000 ascoltatori mensili su Spotify, nonostante non esista nel senso tradizionale del termine.
Le loro canzoni, caratterizzate da melodie soft-rock e atmosfere psichedeliche anni ’70, sono state generate utilizzando strumenti di intelligenza artificiale come Suno. Le immagini dei membri del gruppo, descritte come “sorcerer del mellotron”, sono anch’esse create artificialmente, alimentando il sospetto che Velvet Sundown sia un progetto interamente concepito da IA.
La band ha cercato di difendersi dalle accuse, affermando su X (ex Twitter) che la loro musica è frutto di “notti sudate in un bungalow californiano”, ma la mancanza di prove concrete e la presenza di immagini sospette hanno sollevato ulteriori dubbi. Inoltre, la loro biografia su Spotify presenta citazioni di Billboard che non risultano essere mai state pubblicate dalla rivista, aumentando la sensazione che ci sia una strategia di marketing non trasparente dietro il progetto.
La vicenda di Velvet Sundown solleva interrogativi importanti sul futuro dell’industria musicale. Se da un lato l’intelligenza artificiale offre nuove possibilità creative, dall’altro rischia di creare un mercato saturo di contenuti generati automaticamente, mettendo in difficoltà gli artisti reali. Piattaforme come Deezer hanno già iniziato a etichettare i brani generati da IA, mentre Spotify non ha ancora adottato misure simili, suscitando preoccupazioni tra i professionisti del settore.