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Cucinare è un rito quotidiano, ma anche un atto che richiede tempo, impegno e delicatezza: dosare gli ingredienti, regolare il fuoco, osservare i cambiamenti, intervenire al momento giusto. E se ci fosse un apparecchio che non solo “esegue i passi”, ma pensa, vede, decide e adatta, proprio come un cuoco umano? È questa l’idea dietro Posha, startup fondata da due ingegneri indiani — Rohin Malhotra e Raghav Gupta — che ambisce a portare in casa una “macchina intelligente per cucinare”.

In una dimostrazione dal vivo per Analytics India Magazine, Posha ha preparato — con una certa grazia tecnologica — un paneer tikka masala in circa 25 minuti, partendo da ingredienti grezzi e orchestrando tutto il procedimento. Un segnale forte: non si tratta più di gadget che “rompono un uovo e mescolano”, ma di sistemi che devono percepire e reagire come un cuoco esperto.

Costruire un robot che compie azioni meccaniche (versare, mescolare, dosare) è già una sfida ingegneristica, ma relativamente lineare. La vera sfida è far sì che questo robot osservi e valuti come fa un cuoco: “la purea di pomodoro è sufficientemente densa?”, “le cipolle sono dorate al punto giusto?”, “il sugo deve cuocere ancora qualche minuto?”. Posha affronta queste domande con visione computerizzata: fotocamere che guardano la reazione del cibo, e modelli che interpretano ciò che accade in tempo reale per decidere aggiustamenti.

Per addestrare queste componenti, non c’erano dataset “pronti”: il team ha dovuto generare da sé decine di migliaia di immagini e sequenze di cottura, segmentare i passaggi, insegnare al sistema a distinguere stadi di cottura diversi (da crudo, a dorato, a bruciato), anche per ingredienti che si “ritirano” (funghi, zucchine, certi ortaggi).

Inoltre, Posha divide la cottura in “moduli” (come Lego): frittura, rosolatura, aggiunta di spezie, cottura lenta. Ogni modulo ha le sue logiche e viene combinato nelle ricette in diverse sequenze. Se in un ingrediente manca qualcosa — per esempio una spezia — il sistema tenta di recuperare con sostituzioni intelligenti.

Dietro al “cuoco automatico” ci sono braccia meccaniche, vasche per liquidi e oli, serbatoi, un vassoio di spezie, un piano a induzione, dispositivi di dosaggio precisi e — cosa cruciale — uno schermo o interfaccia per l’utente. L’utente carica gli ingredienti (già tagliati), sceglie la ricetta, e lascia che Posha segua il flusso.

Il sistema è progettato per poter “vedere” cosa succede mentre cucina, regolare la temperatura, intervenire su quantità o tempi, e “correggere” se qualcosa non va secondo i piani. Insomma: c’è un loop di percezione → valutazione → azione continuo.

Il dispositivo non è “gigante”: Posha è concepita come una macchina da banco (countertop), simile per ingombro a un forno a microonde.

Sul versante business, il prezzo segnalato è di circa US$ 1.499 per unità (nella fase iniziale) ed è già iniziata una campagna di raccolta fondi (Series A da 8 milioni di dollari) per espandere il database di ricette, migliorare l’interfaccia utente, potenziare i modelli AI.

Tutto questo non avrebbe senso se il piatto che ne uscisse non avesse sapore, consistenza, aroma degni di un buon pasto. Rohin Malhotra stesso afferma che una delle sfide maggiori non è la precisione tecnica, ma convincere le persone che la macchina possa “cucinare bene”. E per questo, l’approccio scelto è mostrare, dimostrare, far assaggiare. Invitare persone, fare demo pubbliche, usare il passaparola del gusto.
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Un elemento fondamentale nel design è che l’utente possa vedere attraverso il vetro il processo: controllare cosa sta succedendo, farsi “accompagnare” nell’esperienza, comprendere che non è magia ma robotica + intelligenza. Questo trasparenza aiuta la fiducia.

La visione dietro Posha — due ingegneri con l’ambizione di automatizzare la cucina domestica per il mondo — è evocativa. Non vuole solo liberarti del mescolare o del sorvegliare il sugo, ma introdurre una forma di autonomia “pensante” in uno degli ambiti più quotidiani e intimi: cucinare per sé, per la propria famiglia.

Se riuscisse, potremmo trovarci in un’epoca in cui la macchina cucina mentre tu organizzi la giornata, in cui le ricette nuove vengono scaricate come app, in cui si può chiedere “voglio un piatto caldo tra mezz’ora, ma leggero” e la macchina si mette al lavoro. Un agente culinario domestico con visione, intuito e adattabilità.

Non è una promessa vicina: serve molta strada, prove sul campo, rigore ingegneristico e accettazione umana. Ma Posha è uno dei tentativi più concreti che ho visto — un ponte fra tecnologia avanzata e desideri di ogni giorno, fra robotica e soffritti. Un piccolo palcoscenico in cui cucina e intelligenza artificiale si incontrano.

Di Fantasy