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In un’epoca in cui l’intelligenza artificiale avanza in misura apparentemente inarrestabile, la notizia del lancio di Vera, una piattaforma di trasformazione della forza lavoro che promette di essere “human-led, AI-powered”, suscita interesse e curiosità. Le menti dietro questo progetto sono Julie Cropp Gareleck e la Dr.ssa Ghazaleh Samandari, che hanno presentato al mondo un sistema pensato non per sostituire l’essere umano, ma per ampliarne le capacità e guidarlo nel cambiamento.

Spesso, quando si parla di sistemi alimentati da intelligenza artificiale, l’immagine evocata è quella di macchine autonome, decisioni prese da algoritmi, distanze crescenti tra uomo e tecnologia. Vera invece vuole ribaltare questa percezione: l’intento è che l’elemento umano resti centrale. In altre parole, l’AI diventa uno strumento di supporto — potente, sofisticato — ma è l’essere umano a guidare la trasformazione del proprio contesto lavorativo.

Questa filosofia è espressa già nel nome: “human-led, AI-powered”. Non è un semplice slogan, ma la dichiarazione di intenti di un progetto che aspira a mettere l’intelligenza artificiale al servizio delle persone, e non il contrario.

Secondo le informazioni rese note durante il lancio, Vera si presenta come una piattaforma completa per la trasformazione delle forze lavoro. Ma cosa significa “piattaforma completa” in questo contesto? Significa che Vera non si rivolge solo a un aspetto — formazione, reclutamento, gestione del talento — ma mira a coprire l’intero spettro delle esigenze che un’azienda può avere nel passare da un modello tradizionale a uno più dinamico, agile e moderno.

L’elemento chiave è il bilanciamento fra “leadership umana” e “potenza dell’AI”. All’interno dell’ecosistema Vera, l’intelligenza artificiale svolge compiti che vanno dall’analisi predittiva dei dati alla personalizzazione di percorsi di crescita, dall’identificazione di lacune nelle competenze alla predizione delle esigenze future del mercato. Ma queste funzioni non operano in modo isolato: sono guidate dalle decisioni e dai valori umani, dai manager, dai team, dalla visione strategica dell’azienda.

Un aspetto che emerge con forza è la volontà di evitare l’automatismo fine a se stesso: Vera non è pensata come un “black box” dalle cui decisioni non si possa tornare indietro. Al contrario, chi utilizza questa piattaforma mantiene il controllo, può intervenire, modulare, affinare. L’AI diventa un assistente evoluto, non un sostituto.

Dietro Vera ci sono due figure di grande rilevanza: Julie Cropp Gareleck e Dr.ssa Ghazaleh (Ghaz) Samandari. Entrambe portano competenze da mondi che intrecciano leadership, strategia, tecnologia, e psicologia del lavoro.

Per Gareleck e Samandari, Vera è più di un prodotto: è quasi una missione. Vogliono gettare le basi affinché organizzazioni di ogni dimensione possano attraversare il tremendo terreno della trasformazione digitale senza perdere di vista il proprio capitale più prezioso: le persone.

Un progetto tanto ambizioso non può che scontrarsi con sfide concrete. In primo luogo, la resistenza al cambiamento: molte realtà aziendali — soprattutto quelle più tradizionali — possono guardare con diffidenza a strumenti così “avanzati”, temendo perdita di controllo, incomprensibilità o soluzioni troppo “tecnologiche”.

In secondo luogo, c’è il tema dei dati: Vera dovrà integrarsi con sistemi già esistenti, raccogliere informazioni, analizzarle, trasformarle in insight utili, ma sempre rispettando privacy, sicurezza, normative. Il salto da prototipo a sistema pienamente operativo richiede infrastrutture solide, interoperabilità e una progettazione attenta a questi aspetti.

Poi c’è la questione delle competenze richieste: per essere realmente utile, Vera dovrà essere usata da persone che sappiano interpretarne i suggerimenti, integrarla nei flussi di lavoro, prendere decisioni basate su modelli avanzati. Non basta fornire uno strumento: serve una cultura aziendale che sappia accogliere quel tipo di intelligenza.

Infine, non meno importante, Vera viene “lanciata nel mondo” in un mercato già ricco di soluzioni HR tech, piattaforme di formazione, sistemi di analytics del capitale umano. Per emergere, dovrà dimostrare che il suo approccio “umano + AI” non è solo un vezzo comunicativo, ma un valore reale, tangibile.

Il lancio di Vera si inserisce in un contesto ampio, in cui aziende, università, governi stanno ripensando il lavoro nel XXI secolo: flessibilità, apprendimento continuo, interazioni uomo-macchina, ruoli in evoluzione. In questo scenario, strumenti come Vera possono diventare catalizzatori del cambiamento: non tanto per imporre un modello, ma per accompagnare la transizione.

Se Vera riuscirà nel suo intento, potrebbe contribuire a costruire ambienti lavorativi in cui le persone non si sentano alienate di fronte alla tecnologia, ma potenziate da essa. Dove lo scopo non è “fare di più con meno”, ma “fare meglio insieme”.

Di Fantasy