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Il mondo del commercio elettronico e dell’Intelligenza Artificiale è scosso da un conflitto legale e filosofico che promette di ridefinire le regole dell’accesso online e dell’esperienza di acquisto. Amazon, il colosso dell’e-commerce, ha intrapreso un’azione decisa contro Perplexity, la startup di ricerca e assistenti AI (curiosamente supportata anche dal fondatore di Amazon, Jeff Bezos), inviando una minaccia legale formale per bloccare l’utilizzo del suo browser AI, Comet, sulla sua piattaforma. Al centro della disputa non c’è solo una violazione dei termini di servizio, ma una vera e propria guerra per il controllo sul futuro degli Agenti AI autonomi.

L’oggetto della contesa è Comet, un browser AI che Perplexity ha progettato per eseguire acquisti agentici. Questo significa che un utente può dare un’istruzione in linguaggio naturale al suo assistente AI, come “trovami il detersivo per bucato più economico e acquistalo”, e l’agente esegue autonomamente l’intera transazione su piattaforme come Amazon, effettuando il login con le credenziali archiviate localmente, selezionando i prodotti e completando l’acquisto, spesso senza l’intervento diretto o l’esposizione agli annunci pubblicitari che intercettano gli occhi umani.

Amazon sostiene che Comet viola le sue condizioni d’uso, che vietano esplicitamente l’uso di “robot o strumenti simili di raccolta ed estrazione di dati”. L’accusa principale è la mancanza di trasparenza: Comet non si identifica come un agente AI automatizzato, mascherando le sue azioni come se fossero quelle di un normale utente umano. Amazon ha sottolineato in una dichiarazione che l’identificazione è una pratica standard nel settore per tutte le applicazioni di terze parti che agiscono per conto di un cliente, citando come esempi le app di consegna di cibo o le agenzie di viaggio online. L’azienda afferma anche che l’uso non trasparente di Comet porta a un’esperienza d’acquisto notevolmente degradata per il cliente, bypassando raccomandazioni personalizzate e fornendo informazioni inesatte sui tempi di consegna.

La risposta di Perplexity è stata altrettanto veemente e pubblica. Attraverso un post sul proprio blog intitolato in modo incisivo “Il bullismo non è innovazione”, l’azienda ha accusato Amazon di utilizzare tattiche legali aggressive per soffocare la concorrenza e limitare l’innovazione. Perplexity inquadra la questione non come una violazione tecnica, ma come una lotta per il diritto di scelta dell’utente.

L’argomentazione fondamentale di Perplexity è che il suo assistente Comet agisce unicamente come estensione del suo utente umano, con gli stessi permessi e diritti. Se un utente ha il diritto di navigare e acquistare su Amazon, sostiene Perplexity, non dovrebbe essere limitato nell’utilizzo di uno strumento che agisce per suo conto. L’azienda ha anche suggerito che la vera motivazione di Amazon non sia la preoccupazione per l’esperienza del cliente, ma il desiderio di proteggere il suo modello di business basato sulla pubblicità e sul product placement. Quando un agente AI acquista il prodotto più efficiente o economico, salta gli upsell, i risultati sponsorizzati e le offerte che generano miliardi di entrate pubblicitarie per il gigante dell’e-commerce.

Lo scontro tra Amazon e Perplexity non è un episodio isolato, ma il primo salvo legale formale lanciato da un Big Tech statunitense contro una startup di AI, e mette in luce una tensione profonda che sta crescendo in tutta la rete: la guerra del turf (del territorio) nell’era dell’AI agentica.

Questi agenti AI, capaci di agire autonomamente su diverse piattaforme online per eseguire compiti complessi (non solo acquisti, ma anche prenotazioni di viaggio o gestione finanziaria), stanno sfidando l’architettura chiusa e il modello di controllo delle grandi piattaforme. Se l’AI può aggirare gli slot pubblicitari e le esperienze guidate, come potranno i giganti dell’e-commerce e della comunicazione mantenere il loro dominio e i loro flussi di entrate?

Il risultato di questa controversia legale, che si basa sull’interpretazione di vecchie regole (termini di servizio) applicate a una tecnologia completamente nuova, potrebbe stabilire un precedente cruciale. Potrebbe decidere se gli utenti avranno la libertà di implementare i propri “agenti” per navigare in modo più efficiente nel web, o se i grandi player del settore otterranno il diritto di chiudere le loro piattaforme a qualsiasi automazione che non sia stata espressamente approvata o co-sviluppata da loro. La battaglia per un detersivo economico è, in realtà, una battaglia per l’autonomia digitale dell’utente contro il potere crescente della piattaforma.

Di Fantasy