Nel vorticoso ecosistema dell’Intelligenza Artificiale, dove miliardi di dollari si muovono con la rapidità di un tweet e le valutazioni aziendali raddoppiano in pochi mesi, la fiducia e l’entusiasmo sono la valuta dominante. Tuttavia, un recente e informale sondaggio condotto durante un importante summit di San Francisco, il Cerebral Valley AI Summit, ha gettato un’ombra inattesa su uno dei nomi più brillanti e aggressivi del settore: Perplexity AI. Agli oltre 300 fondatori, investitori e venture capitalist presenti è stata posta una domanda provocatoria: quale startup AI miliardaria scommettereste che fallirà? La risposta è stata sorprendente: Perplexity AI ha guidato la classifica, seguita a breve distanza da OpenAI.
Questo verdetto, per quanto non scientifico, non è semplicemente il frutto di un cinismo di facciata tipico di Silicon Valley, ma rivela una profonda tensione tra l’iper-valutazione, la sostenibilità del business model e la velocità con cui i giganti del settore stanno recuperando il ritardo.
La prima grande ragione dietro il voto contro Perplexity risiede nel frenetico e a volte inspiegabile aumento delle sue valutazioni. Fondata nel 2022, la società è passata da valutazioni già robuste (che i report finanziari collocano in un range tra i 14 e i 50 miliardi di dollari) in un arco di tempo estremamente ridotto, raccogliendo ingenti capitali in rapidissima successione. Questo ritmo serrato di finanziamenti, con round che si susseguono quasi bimestralmente, ha alimentato il sospetto che l’azienda sia costretta a rincorrere la propria stessa valutazione, in una corsa contro il tempo per dimostrare la solidità di un modello di business che, agli occhi di molti, resta ancora fragile.
A peggiorare il quadro si aggiunge il cosiddetto “problema del wrapper”. Perplexity è stata inizialmente acclamata per la sua pionieristica capacità di offrire una ricerca web potenziata dall’AI che forniva risposte immediate e citate, sfidando direttamente il modello tradizionale di Google. Tuttavia, il vantaggio competitivo che ne derivava si è rapidamente dissolto. Competitor diretti come ChatGPT di OpenAI e Gemini di Google hanno integrato in modo nativo e pervasivo funzionalità di ricerca web avanzate e in tempo reale, rendendo la distinzione tra i prodotti meno marcata. Perplexity rischia quindi di apparire come un semplice strato aggiuntivo (wrapper) su una tecnologia AI di base (i modelli linguistici) che è ormai diventata una commodity accessibile a tutti.
Gli investitori temono che la sua posizione nel mercato non sia durevole. Mentre Perplexity si è coraggiosamente posizionata come il prossimo sfidante del colosso Google Search — un’impresa storica fallita da innumerevoli startup passate — la realtà è che Google non è rimasto inerte. L’integrazione di Gemini e delle risposte generate dall’AI direttamente nella pagina dei risultati di ricerca erode costantemente la proposta di valore centrale di Perplexity per gli utenti comuni.
Inoltre, il posizionamento al secondo posto di OpenAI (un dato che ha sorpreso molti, data la sua leadership di mercato) suggerisce che il sentiment di sfiducia sia più ampio, estendendosi a tutte le aziende con valutazioni che sembrano disconnesse dalla redditività attuale e dalle spese infrastrutturali mastodontiche. Molti speaker al summit hanno apertamente ammesso che il settore AI è in una “bolla”, paragonabile per fervore e aspettative alla dot-com bubble del 2000. La domanda non è se la bolla scoppierà, ma quali saranno le poche aziende in grado di superare la successiva fase di shakeout e diventare i veri “giganti generazionali”.
In questo scenario, gli investitori stanno scommettendo contro Perplexity non perché il suo prodotto sia scadente – anzi, molti ne riconoscono la qualità per l’utenza professionale – ma perché i suoi costi per sostenere l’infrastruttura di AI e il marketing aggressivo per competere con i player incombenti (Google, Microsoft e OpenAI) potrebbero superare di gran lunga la sua capacità di generare profitti sostenibili a breve termine.
La critica mossa a Perplexity, quindi, non è un’accusa di incapacità, ma un monito severo sulla sostenibilità finanziaria. La battuta di un portavoce di Perplexity, che ha definito l’incontro la “Judgmental Valley Conference” in tono umoristico, riflette il nervosismo palpabile. L’azienda sta rispondendo con mosse aggressive, come il lancio gratuito del suo browser Comet e la firma di accordi commerciali, nel tentativo di espandere rapidamente la propria base utenti e monetizzare prima che i suoi fondi si esauriscano.
Il voto degli investitori mette in evidenza un punto cruciale per l’intera economia dell’AI: l’innovazione tecnologica non basta. La capacità di un’azienda di sopravvivere in un mercato saturo dipende dalla sua unicità di lungo termine, dalla difesa del suo fossato competitivo e, in ultima analisi, dalla sua capacità di trasformare l’entusiasmo in cash flow reale. Perplexity si trova ora nel vivo di una gara non solo tecnologica, ma soprattutto finanziaria, dove la sua ambizione di sfidare Google sarà misurata non in miliardi di valutazioni, ma in margini di profitto dimostrabili.
