Il recente annuncio del lancio di SuperSim, promosso da Piotr Sokólski di Third Dimension AI, rappresenta molto più di un semplice ingresso di un nuovo prodotto nel panorama dell’intelligenza artificiale, saturo e in rapida evoluzione. Si tratta, piuttosto, di un segnale inequivocabile che indica una profonda e radicale deviazione dalla traiettoria dominante che finora ha caratterizzato il settore: il superamento della fase dell’AI intesa prevalentemente come generatrice di contenuti e l’ingresso in una dimensione schiettamente verticale.
L’intelligenza artificiale, come l’abbiamo conosciuta finora, si è spesso concentrata sulla creazione di modelli universali, capaci di spaziare in ambiti generalistici, talvolta con risultati esteticamente impressionanti ma sovente privi di quella robusta affidabilità richiesta per governare la complessità del mondo fisico e dei sistemi decisionali reali. L’illusione dell’AI generalista, pur avendo catturato l’immaginario collettivo e guidato ingenti investimenti, si scontra con un nodo strutturale che pochi sono disposti ad affrontare apertamente: la simulazione.
SuperSim si pone in netto contrasto con questa visione orizzontale, concentrandosi sulla “partita della simulazione del mondo reale”. L’obiettivo non è intrattenere o produrre infinite variazioni di testo e immagini, bensì ricostruire il mondo, comprenderlo nei suoi meccanismi intrinseci, e acquisire la capacità di simularlo e prevederne gli sviluppi. Questa transizione sposta il focus dall’estetica alla concreta affidabilità ingegneristica. Se la simulazione è fedele al reale, il mondo non è più un caos ingestibile, ma diventa finalmente governabile.
Ciò significa che sistemi complessi, ambienti fisici e scenari economici possono essere riprodotti, sottoposti a stress test, e analizzati in modo approfondito, eliminando i costi proibitivi e i rischi inaccettabili tipici della sperimentazione diretta. È un salto qualitativo che non riguarda quanto “bene” l’AI parla o disegna, ma quanto efficacemente può anticipare le conseguenze di una decisione o di un evento.
Questo approccio dischiude implicazioni che travalicano il mero sviluppo tecnologico, toccando le sfere industriali e persino politiche. Il controllo di simulatori avanzati e di sistemi capaci di connettere in modo significativo i dati, lo spazio fisico e i processi decisionali si traduce nel controllo della capacità di previsione e, in ultima analisi, della facoltà di decidere. Il potere risiede nella capacità di simulare l’ambiente con fedeltà. In un’epoca in cui si riflette persino sull’ipotesi che il nostro mondo possa essere una simulazione di livello superiore—tema a lungo confinato alla fantascienza—questa questione si ripropone con la gravità di un problema industriale e di uno geopolitico.
Senza l’adozione di simulatori di questo calibro, senza l’integrazione di sistemi in grado di legare insieme dati eterogenei, spazio e tempo, l’intelligenza artificiale è destinata a rimanere una commodity: un prodotto generalista, facilmente replicabile e importabile. Non rappresenta una leva strategica per l’autonomia industriale di una nazione o di un continente.
L’Europa, in particolare, farebbe bene a leggere il segnale lanciato da SuperSim con la massima attenzione. Il vero ritardo europeo non risiede tanto nel dibattito etico—necessario ma non sufficiente—quanto nell’infrastruttura fondamentale. La direzione indicata è chiara: abbandonare la rincorsa all’AI universale e concentrarsi su un’intelligenza artificiale verticale. Ciò richiede un cambio di mentalità che privilegi l’ingegneria, la comprensione dello spazio, del tempo e delle conseguenze concrete, a discapito dell’eccessivo clamore mediatico e dei modelli di linguaggio che, pur evoluti, restano ancorati a una visione superficiale e generalista della complessità del reale. Il futuro dell’AI non è semplicemente “parlare” o “generare”, ma “capire” e “simulare” per governare.
