Negli ultimi anni l’intelligenza artificiale ha iniziato a permeare anche il mondo dell’odontoiatria, aprendo nuove possibilità per la diagnosi, la pianificazione dei trattamenti e la realizzazione di dispositivi su misura. Un esempio concreto di questa integrazione tra tecnologia digitale e medicina dentale emerge da una sperimentazione condotta dal professor Luigi Rubino, che ha voluto verificare direttamente quanto un software basato sull’intelligenza artificiale possa essere affidabile nella progettazione di un dispositivo medico personalizzato come un bite gnatologico. Questo tipo di dispositivo, fondamentale nella gestione di disturbi dell’articolazione temporo-mandibolare o di problematiche occlusali, richiede tradizionalmente un’accurata definizione delle superfici masticatorie e delle relazioni tra le arcate dentarie; l’IA, in questo contesto, viene chiamata a svolgere un ruolo potenzialmente innovativo.
Per verificare l’efficacia e l’affidabilità di soluzioni basate sull’intelligenza artificiale, il professor Rubino ha messo alla prova quattro diversi software che utilizzano algoritmi di IA per progettare un bite, affidando la creazione del dispositivo alla macchina in autonomia, senza interventi manuali aggiuntivi e limitandosi a utilizzare i parametri di base suggeriti dai produttori dei software stessi. L’obiettivo di questa prova sul campo era quello di comprendere in che misura i risultati generati dall’intelligenza artificiale possano rispecchiare la realtà clinica e garantire un adattamento soddisfacente nella bocca della paziente, oltre a valutare la precisione di una progettazione completamente automatizzata.
Dopo che ciascun software ha elaborato il progetto in digitale, i modelli risultanti sono stati realizzati tramite stampa 3D e poi provati direttamente sulla paziente che aveva dato la propria disponibilità al test. Questo passaggio è cruciale, perché permette di capire se la proposta generata artificialmente corrisponde non solo ai dati digitali forniti, ma anche alle esigenze funzionali ed ergonomiche reali della persona. La stampa 3D, ormai diffusissima nei flussi di lavoro odontoiatrici digitali, consente di trasformare un progetto virtuale in un oggetto tangibile con estrema precisione, permettendo così di valutare l’effettivo adattamento intraorale dei bite progettati.
Se da un lato l’adozione di strumenti digitali e di intelligenza artificiale promette di semplificare e velocizzare processi tradizionalmente manuali e laboriosi, dall’altro pone interrogativi importanti sulla affidabilità e la responsabilità clinica. L’IA, infatti, può essere estremamente efficace nell’elaborare grandi quantità di dati per trovare pattern o generare progetti personalizzati, ma entro certi limiti: non tutte le soluzioni sono ugualmente avanzate e non tutte le proposte generate possono soddisfare gli standard clinici richiesti. Nel mondo dell’odontoiatria digitale si discute proprio di come integrare questi strumenti nella pratica quotidiana senza perdere di vista la competenza umana e il giudizio clinico, elementi che restano fondamentali per la sicurezza e la qualità delle cure.
L’esperimento del professor Rubino si inserisce in un quadro più ampio di innovazione digitale dell’odontoiatria, dove la tecnologia dell’intelligenza artificiale è sempre più impiegata per supportare diagnosi, pianificazione dei trattamenti e realizzazione di dispositivi. Secondo vari approfondimenti del settore, l’IA può aiutare a ottenere progetti istantanei e precisi, a ridurre i tempi di lavorazione e a contenere i costi, pur sottolineando la necessità di valutare in modo critico ciascun prodotto prima di utilizzarlo su pazienti reali.
Alla base di queste evoluzioni sta l’idea che l’intelligenza artificiale non sostituirà l’odontoiatra o l’odontotecnico, ma potenzierà le loro capacità, fornendo strumenti di supporto che consentono di gestire con maggiore efficienza informazioni complesse e di personalizzare i trattamenti in modo preciso. L’esperimento raccontato mostra come, anche in ambiti apparentemente tradizionali come la realizzazione di un bite, l’IA possa rappresentare un’opportunità per innovare i workflow clinici e laboratoristici, pur richiedendo ancora una supervisione umana attenta affinché il risultato finale sia non solo tecnicamente corretto, ma anche clinicamente soddisfacente.
