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L’Università della Pennsylvania ha fatto un passo decisivo lanciando “Betty”, un supercomputer all’avanguardia progettato per affrontare le sfide computazionali più complesse. Situato a Collegeville, a circa 50 chilometri dal campus principale, Betty rappresenta una pietra miliare nell’evoluzione delle infrastrutture di ricerca accademica.

Betty è stato sviluppato in collaborazione con NVIDIA, seguendo le specifiche del SuperPOD, una delle architetture più potenti disponibili. Il sistema è composto da 31 nodi GPU, ciascuno equipaggiato con 8 GPU NVIDIA Blackwell B200, collegate tramite NVLink e NVSwitch. Questo setup consente una memoria totale di 1,4 TB HBM3e e una potenza di calcolo di 274 teraflop per nodo, con una capacità complessiva che supera gli 8,5 petaflop.

La rete di interconnessione è gestita da una fabric InfiniBand NDR400, che permette di scalare un singolo esperimento su tutto il SuperPOD, garantendo prestazioni ottimali anche per i carichi di lavoro più intensivi.

Tradizionalmente, ogni laboratorio di ricerca manteneva i propri server, spesso sottoutilizzati. Con Betty, l’Università ha adottato un modello di risorse condivise, centralizzando l’accesso attraverso il Penn Advanced Research Computing Center (PARCC). Questo approccio non solo ottimizza l’utilizzo delle risorse, ma riduce anche i costi associati alla gestione e manutenzione dei sistemi.

Marylyn Ritchie, Vice Dean for Artificial Intelligence and Computing alla Perelman School of Medicine, sottolinea che l’adozione dell’AI è destinata a crescere in tutte le aree della ricerca, rendendo infrastrutture come Betty fondamentali per il progresso scientifico.

La decisione di collocare Betty a Collegeville non è stata casuale. La città offre una maggiore disponibilità di energia elettrica, essenziale per alimentare un sistema che consuma circa un megawatt, pari al fabbisogno energetico di una piccola comunità. Inoltre, la presenza di infrastrutture di raffreddamento avanzate e la vicinanza a centrali energetiche, come quella nucleare di Limerick, garantiscono l’affidabilità operativa del centro dati.

Il nome “Betty” è un tributo a Frances Elizabeth “Betty” Holberton, una delle sei programmatrici originali dell’ENIAC, il primo computer elettronico digitale general-purpose, sviluppato proprio all’Università della Pennsylvania negli anni ’40. Questo gesto celebra il contributo fondamentale delle donne nella storia dell’informatica e sottolinea l’impegno dell’ateneo nel promuovere la diversità nel settore tecnologico.

Attualmente, Betty è in fase pilota, con 10 laboratori di ricerca e 47 ricercatori attivi. I progetti in corso spaziano dall’analisi di modelli linguistici complessi alla simulazione di robotica avanzata, fino alla genomica su larga scala. Ad esempio, il team di Ritchie sta utilizzando Betty per sequenziare e analizzare i geni di oltre 60.000 americani, un’impresa che richiede enormi capacità di calcolo e memoria.

L’accesso a Betty è centralizzato attraverso il PARCC, consentendo a ricercatori di diverse discipline di sfruttare le potenzialità del supercomputer senza la necessità di gestire infrastrutture locali complesse. Questo modello promuove la collaborazione interdisciplinare e accelera l’innovazione scientifica.

Di Fantasy