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Creare un agente AI che faccia molto più che semplicemente rispondere: un agente che possa raccogliere dati, interagire con sistemi esterni, automatizzare compiti e persino inserirsi in un’applicazione web con un’interfaccia personalizzata. Fino a poco tempo fa, questo richiedeva una torre di strumenti: un motore AI, un orchestratore di flusso di lavoro, una logica personalizzata, un livello di connettori per dati esterni e una frontiera grafica da costruire da zero. AgentKit, la piattaforma di OpenAI pensata per costruire, testare e distribuire agenti intelligenti, promette di riunire tutto questo in un unico ambiente fluido, abbattendo svariate barriere tecniche per chi desideri realizzare agenti “con le mani”.

Alla base della proposta di AgentKit c’è l’idea che l’agente non debba essere un semplice chatbot che risponde, ma piuttosto un sistema attivo: può andare a prendere informazioni da fonti online, inviare email, aggiornare database, risolvere problemi specifici definendo una logica guidata da flussi e condizioni. In questo senso, AgentKit — costruito sopra l’API Responses di OpenAI (introdotta nel 2025) — si pone come livello intermedio tra l’intelligenza generale del modello e l’automazione concreta dei compiti.

Ciò che rende la piattaforma interessante è il duplice approccio: da un lato offre un’interfaccia visiva drag-and-drop, che permette anche a chi non è programmatore di costruire sequenze logiche di agenti; dall’altro fornisce SDK e ambienti per programmare logica personalizzata in Python, TypeScript o Node.js.

AgentKit non è semplicemente un’interfaccia visuale delle pipeline AI: è un framework che poggia su componenti già esistenti (come il Responses API e l’Agents SDK) e che aggiunge livelli di orchestrazione, governance, osservabilità e interfacce utente integrate per far dialogare i sistemi con il mondo reale. Il design di AgentKit si articola principalmente intorno a tre macrocomponenti:

  1. Agent Builder, una tela grafica (canvas) per costruire flussi di agenti (workflows) legati da nodi, con versionamento e possibilità di test inline.
  2. Connector Registry, un registro centrale che gestisce come gli agenti si connettono a fonti dati (file, API, drive, servizi aziendali) in modo governato.
  3. ChatKit, un kit UI embeddabile che consente di mettere l’agente in una finestra chat dentro un’app o un sito, gestendo streaming, contesto conversazionale e interfaccia utente conversazionale.

Questi tre moduli lavorano insieme: Agent Builder definisce la logica, Connector Registry fornisce gli strumenti per accedere a sistemi esterni, e ChatKit realizza l’interfaccia front-end.

Sotto questi strati “visivi”, AgentKit si appoggia ai concetti dell’Agents SDK: agenti “intelligenti” che interpretano input, decidono azioni, invocano tools, passano contesto e mantengono tracce delle loro esecuzioni.

Le fondamenta: nodi, grafo dinamico e nodi prompt

Una delle peculiarità centrali (e citate anche nella letteratura di ricerca su AgentKit) è l’uso di nodi come blocchi logici: ogni nodo incapsula un prompt (o un’istruzione) che rappresenta un sotto-compito specifico nella ragioneria del sistema. I nodi sono connessi secondo una dipendenza, che definisce l’ordine in cui devono essere eseguiti, formando un grafo aciclico (DAG, Directed Acyclic Graph).

Nel momento dell’esecuzione (runtime), il sistema valuta i nodi seguendo l’ordine definito dal grafo. Ogni nodo può ricevere input da nodi precedenti, elaborare mediante il modello linguistico (o strumenti esterni), e produrre output che possono essere consumati da nodi successivi. Questo modello dà la possibilità di:

  • costruire catene complesse di ragionamento strutturato, simili a un “processo di pensiero” esplicito;
  • modularizzare la logica, poiché ogni nodo è relativamente isolato e può essere testato / messo a punto singolarmente;
  • supportare meccanismi interattivi, come riflessione o pianificazione gerarchica, inserendo nodi che esaminano gli output passati e decidono se generare nuovi rami di esecuzione. arXiv+1

In altri termini, AgentKit trasforma il ragionamento dell’agente da un blocco monolitico (un singolo prompt con logica interna) a un grafo modulare di prompt interconnessi. Questo facilita la manutenzione, debugging e ottimizzazione.

L’Agents SDK: orchestration, strumenti, handoff e guardrails

L’Agents SDK, che costituisce la base programmatica di AgentKit, offre alcuni concetti e primitive chiave:

  • Agent: un’entità che incapsula istruzioni (prompt sistemico o “instructions”), un modello LLM da usare, e un insieme di tools che l’agente può invocare per estendere le sue capacità (ad esempio, chiamate API, ricerche, accesso a file).
  • Handoff / delega: capacità di passare il compito da un agente ad un altro più specializzato, quando la logica lo richiede, un meccanismo utile nei casi di agenti multipartiti.
  • Guardrails: criteri di validazione che controllano input e output dell’agente, proteggendo da risposte non conformi, contenuti non sicuri, input inaspettati, ecc. In AgentKit, queste protezioni sono integrate nel flusso visuale (ad es. nodi di guardrail) per filtrare o bloccare errori.
  • Sessions / contesto persistente: l’SDK mantiene uno stato di conversazione o esecuzione, in modo che l’agente ricordi elementi di contesto, promemoria o variabili che persistono tra turni di dialogo.
  • Tracing / osservabilità: ogni esecuzione dell’agente può essere registrata con informazioni di log, flussi di nodi, strumenti invocati, errori, tempi e così via, per permettere debug, analisi delle prestazioni e valutazioni.
  • Valutazioni e ottimizzazioni: AgentKit include strumenti (denominati Evals in OpenAI) per valutare la qualità delle risposte dell’agente, permettendo lo scoring automatico (“trace grading”), il test su dataset strutturati e l’ottimizzazione dei prompt.

Grazie a queste componenti, AgentKit non è solo un builder visuale: offre un runtime strutturato, con logging, politiche di sicurezza e strumenti di validazione, rendendo più facile far passare un agente da prototipo a sistema robusto.

Connessioni esterne e governance tramite Connector Registry

Un agente utile spesso ha bisogno di interagire con dati esterni: documenti, API aziendali, sistemi interni, drive cloud, database. AgentKit introduce il Connector Registry, un unico punto di gestione per definire ed autorizzare queste connessioni. Invece di che ogni agente organizzi da sé le proprie credenziali e metodi di integrazione, il registro centralizza:

  • definizione dei tipi di connessione (ad es. drive Google, SharePoint, Dropbox, sistemi custom)
  • gestione delle credenziali / token in modo sicuro
  • politiche di accesso e governance, ossia chi può usare quale connessione e in quale contesto
  • uso coerente delle connessioni all’interno dei vari agenti, evitando duplicazioni e inconsistenze

Questo approccio è utile in ambito aziendale, dove le connessioni a sistemi sensibili devono essere controllate. Tuttavia, introduce un punto critico: ogni nodo che utilizza una connessione esterna deve rispettare i vincoli e i permessi definiti nel registro, e la sicurezza nell’uso dei token e autorizzazioni è un’area delicata.

L’interfaccia conversazionale: ChatKit

Definita la logica dell’agente, serve una faccia con cui gli utenti interagiscono. Qui entra in scena ChatKit, che fornisce componenti UI embeddabili (in JavaScript / frontend) per integrare un’interfaccia conversazionale:

  • gestisce la UI del chat: finestre, threading, stato della conversazione, messaggi in streaming
  • connette il frontend all’agente definito nel backend: instrada i messaggi dell’utente al grafo agente, raccoglie le risposte elaborate e le manda indietro al client
  • supporta vari widget interattivi (card, pulsanti, moduli, input strutturati) per rendere l’esperienza conversazionale più ricca
  • gestisce streaming e aggiornamenti in tempo reale in modo fluido

Da un punto di vista tecnico, ChatKit alleggerisce il carico di sviluppo frontend: non bisogna reinventare da zero una chat con contesto, streaming e sincronizzazione. Tuttavia, rimane fondamentale che il backend agente (il flusso di nodi, le chiamate agli strumenti, il routing delle decisioni) sia ben protetto, e il canale tra ChatKit e il server dell’agente sia sicuro.

Flussi complessi, gerarchie e multi-agente

Una delle sfide più interessanti è costruire agenti che collaborino tra loro o che compongano compiti molto articolati. AgentKit consente:

  • Handoff / delega: se un nodo o un agente rileva che un compito è meglio gestito da un altro agente, può “cedere” il contesto e trasferire l’esecuzione. Questo isola responsabilità e specializza compiti.
  • Parallelismo e branching logico: tramite strutture nel grafo, è possibile attivare rami paralleli o condizioni diverse che vengono eseguite in base alla logica interna o ai risultati intermedi
  • Gerarchizzazione dei piani: nodi di alto livello possono orchestrare ragionamenti a basso livello, riflettere su quanto fatto finora e generare nuovi piani — un meccanismo di “thinking about thinking” supportato dalla natura modulare del grafo nodale
  • Iterazione e introspezione: nodi possono rileggere output intermedi, valutare coerenza o errori, generare correzioni o nuove domande da invocare — si può costruire un sistema in cui l’agente “riflette” su quanto ha fatto. Questo è reso possibile dall’accesso agli output di nodi precedenti come input ai nodi successivi.

Queste capacità permettono di costruire agenti “multi-step, multi-agent” che ragionano in modo strutturato e modulare, anziché affidarsi a un singolo prompt monolitico.

Anche con questa architettura dettagliata, l’adozione di AgentKit comporta alcune attenzioni tecniche:

  • Rigidità grafica per casi complessi: flussi molto articolati (decine di nodi, condizioni, deleghe) rischiano di diventare difficili da visualizzare e mantenere nel canvas grafico; il passaggio da logica visuale a codice può essere oneroso
  • Dipendenza esclusiva da modelli OpenAI: al momento AgentKit è progettato per funzionare con i modelli OpenAI + Responses API; non supporta (o almeno non ancora) modelli esterni o open source, il che implica un vincolo di vendor lock-in
  • Sicurezza e governance del backend: i nodi che invocano connector esterni, manipolano dati sensibili o eseguono comandi devono essere ben protetti. L’esposizione dell’endpoint agente e la gestione delle credenziali, token o permessi aprono superfici di attacco. Alcuni articoli mettono in guardia su rischi di iniezione prompt o “soft guardrail” che possono essere aggirati se l’agente funge da giudice del proprio contesto.
  • Prestazioni e latenza: ogni nodo comporta una chiamata model → tool → elaborazione; in grafi profondi, la latenza cumulativa può diventare un collo di bottiglia, specialmente se i nodi dipendono strettamente l’uno dall’altro
  • Manutenzione dei prompt / tuning: ogni nodo ha un prompt che dev’essere ottimizzato, testato, aggiornato; la gestione delle versioni del grafo e del prompt diventa un punto critico man mano che il sistema evolve
  • Complessità delle valutazioni: definire metriche, tracciabilità, feedback e miglioramento continuo richiede un’architettura di Evals robusta, non solo a livello di singole risposte, ma lungo tutto il flusso del grafo
  • Diagnosi e debugging: anche con tracing e log, isolare un errore in un nodo intermedio, riprodurre condizioni e correggere può essere complesso quando l’agente ha molte dipendenze esterne

Un esempio di flusso: da prompt grezzo a agente integrato

Immagina che vogliamo costruire un agente che risponde a domande tecniche su un software, cercando nei documenti aziendali e chiamando API diagnostiche.

  1. Nell’Agent Builder, disegniamo un grafo con nodi come “classifica dominio di domanda (doc vs operazione)”, “ricerca documentale”, “chiamata diagnostica API”, “risposta finale formato utente”.
  2. Il nodo “ricerca documentale” usa un connector a un drive interno o knowledge base gestito tramite il Connector Registry.
  3. Il nodo “diagnostica API” è un tool che chiama un endpoint interno (strumento definito nell’SDK) per ottenere uno stato del sistema.
  4. Un nodo intermedio può fare una riflessione su output incerti: se il documento restituito non è convincente, il nodo genera una subdomanda per chiarire l’intento utente.
  5. Il risultato di ogni nodo viene tracciato; se un output è fuori compliance (ad esempio, contiene dati sensibili), un guardrail node lo intercetta e blocca l’azione o richiede approvazione manuale.
  6. ChatKit espone l’agente come una chat embed, l’utente invia una domanda, viene inviata al backend che esegue il flusso grafico, e la risposta viene restituita all’utente in formato strutturato.

In fase di sviluppo, possiamo testare il grafo in modalità “preview run” (simulazione), visualizzare il tracing, modificare prompt o percorsi alternativi, visionare il grafo e distribuirlo.

Di Fantasy