In poco più di due anni, Figure è passata dall’essere una giovane promessa della robotica a una delle startup più preziose della Silicon Valley. Fondata nel 2022, l’azienda specializzata in robot umanoidi ha appena concluso un round di finanziamento da capogiro: oltre un miliardo di dollari raccolti nella Serie C, con una valutazione che schizza a 39 miliardi di dollari. Un valore che sorprende non solo per l’entità, ma per la velocità con cui è stato raggiunto: appena un anno e mezzo fa, la startup veniva stimata 2,6 miliardi.

L’annuncio, dato il 16 settembre sul sito ufficiale, ha subito catturato l’attenzione dei media come Bloomberg, che hanno sottolineato l’ascesa fulminea di Figure in un mercato in cui le aspettative intorno alla robotica umanoide si mescolano a hype, investimenti e reali progressi tecnologici.

Il round è stato guidato da Parkware Venture Capital, con la partecipazione di nomi che parlano da soli: NVIDIA, Intel, LG, T-Mobile e Qualcomm. L’importo dei singoli contributi non è stato reso pubblico, ma il semplice fatto che simili colossi abbiano scelto di finanziare Figure è un segnale forte: il settore crede che i robot umanoidi stiano passando da “esperimento futuristico” a business concreto.

Vale la pena ricordare che già nel 2023 Figure aveva attirato investimenti da parte di Jeff Bezos, Microsoft, OpenAI, Samsung e LG, creando un mix inedito di big tech e capitali privati che aveva contribuito a portarla sotto i riflettori.

All’inizio, la strategia di Figure puntava molto sull’integrazione con l’intelligenza artificiale di OpenAI. L’idea era quella di combinare hardware innovativo con software avanzato per il riconoscimento, la pianificazione e l’interazione. Ma nel 2024 la partnership si è interrotta, e l’azienda ha scelto una strada più indipendente, sviluppando il proprio modello per alimentare Figure 02, l’ultima generazione dei suoi umanoidi.

Questo cambio di rotta suggerisce un posizionamento più autonomo: Figure non vuole dipendere solo dall’ecosistema AI altrui, ma diventare protagonista di un approccio integrato, dove il design, la motricità e l’intelligenza che governa il robot nascono sotto lo stesso tetto.

Molti osservatori si chiedono se questo nuovo slancio negli investimenti sia alimentato soprattutto dall’onda lunga dell’intelligenza artificiale. La risposta, secondo diversi analisti citati da TechCrunch, è più sfumata: sì, l’AI ha certamente reso più affascinante l’idea del robot umanoide. Ma i progressi reali arrivano dall’hardware — sensori più economici e precisi, attuatori più compatti, batterie più efficienti. È il miglioramento e il calo di costo di queste componenti a rendere i robot davvero più vicini alla produzione su larga scala.

Non a caso anche Elon Musk, parlando recentemente in un podcast, ha spiegato che la sfida non sta tanto nell’AI quanto nello sviluppo di una supply chain robusta per l’hardware. Secondo il fondatore di Tesla e SpaceX, il software avanza veloce; il vero ostacolo è costruire corpi robotici che siano affidabili, scalabili, producibili in massa.

Il balzo di Figure dimostra l’appetito degli investitori per il settore, ma non mancano voci più caute. Alcuni veterani della robotica ricordano che il comparto dei robot umanoidi destinati ai consumatori è quello che impiega più tempo a raggiungere la maturità commerciale: le sfide ingegneristiche sono enormi, i costi restano alti, e il mercato deve ancora capire quali applicazioni reali possano sostenere un business stabile.

Per ora, il grosso dell’interesse si concentra sugli umanoidi industriali e di servizio: ambienti dove i robot possono eseguire compiti ripetitivi, complessi o pericolosi, liberando manodopera e aumentando l’efficienza. È in questo contesto che Figure vuole ritagliarsi un ruolo da protagonista.

Di Fantasy