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Il progresso nella comprensione e nel trattamento delle malattie neurologiche è storicamente legato alla capacità di interfacciarsi con il cervello in modo non invasivo o, se necessario, attraverso impianti che non ne alterino la delicata biologia. Il Korea Advanced Institute of Science and Technology (KAIST), sotto la guida del professor Seon-Woo Lee, in collaborazione con il team della professoressa Aloisha Mona della Cornell University, ha compiuto un passo da gigante in questa direzione, svelando un impianto neurale wireless ultra-piccolo denominato MOTE.

Gli impianti neurali utilizzati fino ad oggi nella ricerca e nella medicina presentavano limitazioni significative che ne ostacolavano l’efficacia a lungo termine. La loro struttura, spesso cablata e caratterizzata da un certo spessore, era causa di problemi noti come l’infiammazione nel tessuto cerebrale circostante (una reazione immunitaria avversa) e il degrado della qualità del segnale nel tempo. Questi fattori rendevano i monitoraggi a lungo termine sia rischiosi per l’organismo che inaffidabili per la ricerca.

Il team di ricerca si è proposto di superare questi ostacoli attraverso una drastica miniaturizzazione e un design ingegneristico innovativo. Il cuore della soluzione risiede nell’aver realizzato un circuito ultra-piccolo basato sui collaudati processi semiconduttori CMOS, combinandolo con micro LED ultra-fini proprietari. Questo approccio ha permesso di ridurre il dispositivo a dimensioni quasi microscopiche: meno di 100 micrometri (μm), rendendolo, in termini comparativi, più piccolo di un cristallo di sale. Con un volume inferiore a 1 nanolitro (nL), il MOTE si è guadagnato il titolo di impianto neurale wireless più piccolo al mondo.

Uno degli aspetti più rivoluzionari del MOTE è la sua completa autonomia energetica e di comunicazione. Il dispositivo è infatti totalmente wireless e non richiede batterie interne. La sua struttura è progettata per ricevere la luce dall’esterno, che viene convertita in energia per alimentare il circuito. Una volta attivato, il chip è in grado di rilevare le onde cerebrali e di trasmettere le informazioni all’esterno convertendo i dati in un segnale luminoso attraverso la modulazione di impulsi al momento (PPM).

Inoltre, per garantire la longevità in un ambiente biologico ostile come il cervello, il MOTE è stato rivestito con uno speciale coating superficiale. Questo strato protettivo non solo migliora la resistenza fisica del dispositivo, ma assicura anche una lunga durata, contrastando la degradazione ambientale e minimizzando l’interazione con i tessuti circostanti.

L’efficacia del MOTE è stata rigorosamente testata attraverso uno studio di un anno che ha visto l’impianto del dispositivo nel cervello di topi da laboratorio. I risultati sono stati estremamente promettenti: i ricercatori hanno misurato con successo le onde cerebrali per l’intera durata dello studio, riscontrando al contempo infiammazione minima e nessun degrado delle prestazioni del dispositivo. Questi dati non solo convalidano la stabilità e la biocompatibilità del design, ma ne aprono la strada all’utilizzo a lungo termine.

Come sottolineato dal professor Lee Seon-woo del KAIST, questo studio ha dimostrato la fattibilità tecnica pratica degli impianti neurali wireless ultra-miniaturizzati. Le implicazioni di questa tecnologia sono vaste e profonde: il MOTE e i suoi successori potranno essere ampiamente utilizzati, non solo per migliorare la ricerca sulle neuroscienze e sulla mappatura cerebrale, ma anche per lo sviluppo di nuove e meno invasive tecnologie di monitoraggio e trattamento di malattie neurologiche complesse, quali Parkinson, Alzheimer o l’epilessia.

I risultati di questo lavoro innovativo, che promette di rendere l’interfaccia neurale più sicura e duratura, sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista accademica internazionale Nature Electronics.

Di Fantasy